La verità su Luttazzi: non lo vuole nessuno

La verità su Luttazzi: non lo vuole nessuno

Tutti gli epurati vengono al pettine. Ieri è stato il turno del sopravvalutatissimo Daniele Luttazzi, la cui trasmissione Decameron, in onda su La7, è stata sospesa per via di alcuni insulti da lui scagliati contro Giuliano Ferrara. Gli insulti sono questi: «Penso a Giuliano Ferrara immerso in una vasca da bagno con Berlusconi e Dell'Utri che gli pisc(bip) addosso, Previti che gli cag(bip) in bocca e la Santanchè in completo sadomaso che li frusta tutti». Da piegarsi dal ridere, e se l’infanzia di Luttazzi dovrebbe forse dar lavoro al suo psicoanalista, per intanto i vertici di La7 il lavoro l’hanno tolto a lui. Ferrara è un volto storico di La7, ma a quanto pare la decisione di chiudere è esclusivamente dell’azienda: Luttazzi l’ha ammesso. Lo stesso Ferrara, tempo addietro, non aveva fatto una piega neppure quando Luttazzi in un suo spettacolo l’aveva tratteggiato così: «È l’alone di feci e sperma che viene lasciato sul lenzuolo dopo un rapporto anale, detto il Giulianone». Divertentissimo anche questo, eppure un tempo le cose erano diverse. Ferrara fu persino ospite a Barracuda, la trasmissione che Luttazzi conduceva sulle terribili reti Mediaset: è lo stesso periodo in cui pubblicava con la Mondadori berlusconiana.
Ora: una trasmissione chiusa mette melanconia persino se è di Luttazzi, sta di fatto che Luttazzi è questa cosa qui, questa comicità qui, ed è questa qui anche il brandello di democrazia che il famoso editto bulgaro strappò al Paese. Che Luttazzi nel trio dei martiri sia sempre sembrato un po’ imbucato è anche vero, ma a questo punto un modesto bilancio non guasta. Daniele Fabbri, in arte Luttazzi, non è un giornalista e forse neanche un comico: già scopiazzatore di David Letterman, per anni è stato a spasso per teatri e forse doveva rimanerci. Fine. E gli altri? A che punto è la restaurazione della democrazia dopo lo spaventoso baccano del centrosinistra per le epurazioni dei tre martiri?
Ordunque: Michele Santoro è tornato in Rai più grazie a una sentenza della magistratura che per chiara volontà politica; comunque fazioso, il suo Annozero era partito bene salvo riscivolare sui pendii piazziaioli che peraltro hanno portato scalogna ai poveri Clementina Forleo e Luigi De Magistris, che pagheranno cara ogni vanità catodica. Il punto chiave è che Santoro oggi è sgraditissimno persino a quel centrosinistra che l’aveva imbracciato come un vessillo di libertà, tanto che i vari parlamentari tendono a optare per la parleria di Ballarò. Poi c’è Enzo Biagi, la cui salma è stata scagliata addosso a Silvio Berlusconi proprio in una puntata di Annozero dove paradossalmente, per mera volontà politica, fu epurato un collaboratore del Giornale; Biagi in definitiva accettò indubbiamente il ruolo di martire dell’editto berlusconiano e tuttavia la Rai dell’Unione non gli fece rifare Il fatto: lo tenne anzi a bagnomaria per un anno e poi relegò l'anziano giornalista alle 23 e 30 in un programma settimanale sui Raitre, Rotocalco televisivo. Lo scorno di Biagi, e la sua chiara sensazione d’esser stato usato e strumentalizzato come zimbello elettorale, sono stampati nero su bianco nell’ultimo libro di Biagi titolato Quello che non si doveva dire, ottobre 2006, pagina 221, capitolo «Conclusioni»: «Nella mia grande presunzione ho pensato che qualcosa sarebbe cambiato anche nella mia vita e, sono sincero, mi aspettavo una telefonata da viale Mazzini, se non altro come segnale di ritrovata indipendenza dal Cavaliere. Nel frattempo è tornato al vertice dell’azienda Claudio Cappon». (...) «Sicuramente, il nuovo direttore generale, ha altri problemi, ben più complicati del mio, da risolvere. Sin dall’inizio ho avuto la consapevolezza che, anche con il centrosinistra al governo, io rimango fuori dai giochi. In poche parole, sono convinto che nessuno mi farà più fare Il Fatto. C’è un grande alibi, la mia età, ma non è che ottantasei anni vogliano dire per forza che uno è rincoglionito. E poi, se il mio nome, la mia faccia e i miei appelli funzionano per le campagne elettorali, non capisco come mai non vadano bene per un programma televisivo». In sintesi: Biagi dice chiaramente che voleva rifare Il Fatto ma che neppure il centrosinistra gliel’ha restituito: in compenso, come scrive, è stato usato per una campagna elettorale.

Allora, in fin dei conti: Luttazzi svaporato, Biagi liquidato, l’unico rimasto allo stato solido è Santoro, che in compenso fomenta la peggior antipolitica. Ma la lista d’attesa è nutrita, nuovi martiri bussano.
Filippo Facci

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