Viaggia che ti passa: ecco la "travel terapia"

Per chi è stato mollato dal partner, per chi del partner non ne può più, per chi "festeggia" il licenziamento, per chi vuole ritrovare se stesso: con la meta adatta è possibile curare ogni tipo di problema. Un libro spiega dove e come. Londra, Tallin, Marrakech, New York, Stoccolma, Parigi

Viaggia che ti passa: ecco la "travel terapia"

Ci sono luoghi che sono una cura, geografie che leniscono, passi che ci portano, spesso, a inciampare in noi stessi. Eric Rohmer (tra i molti altri) ce lo ha raccontato per tutto un film (del 1986) che si intitolava Il raggio verde (come il romanzo di Jules Verne) e che ha rischiato di far diventare verdi anche noi spettatori. Agguantati allo stomaco dall’ansia che, più del raggio, riusciva ad irradiare la nevrotica protagonista Delphine.

Trentenne, ossessiva, inospitabile (per tutta l’estate, prima di arrivare a Biarritz, se la rimbalzano di casa in casa amici e conoscenti infastiditi) e romantica al limite del patetico. Era anche l’unica nevrotica lenta nella storia del mondo, Delphine perciò la sensazione era che il film durasse davvero tutta un’estate. Ma comunque... di tappa in tappa, di meta in meta, la protagonista riannoda i suoi complessi, decideva di coccolare la sua sociopatia, di accettarsi (agli altri di accettare lei non riusciva neppure alla fine della pellicola) e, piuttosto inverosimilmente, le capitava perfino di incontrare un uomo.

È che i viaggi fanno succedere le cose anche quando non succedono. Perchè è un andare incontro al mondo. Viaggiare è già agire e scegliere e crescere. Secondo qualcuno, viaggiare è curarsi. Da un amore scaduto, da un lavoro frustrante, da una vita scentrata, da un marito noioso o da un amico che ha smesso di bastarci come tale. Come spiega un libro (indirizzato alle donne ma valido per tutti) appena uscito in libreria: Travel Therapy-Come scegliere il viaggio giusto al momento giusto di Federica Brunini (Morellini editore, 136 pagine, 9,90 euro). Posti e luoghi e nicchie e avvertimenti perchè il mondo diventi il nostro piatto. Perchè ci torni l’appetito perchè ricominciamo a sentirci sazi senza mortificarci in dissennate indigestioni. Le città vivaci, le isole indolenti, i mari tiepidi, le cime frizzanti. A seconda che la vita ci abbia prese a schiaffi o più banalmente in giro. A seconda che ci sentiamo sfinite o inutilizzate da troppo tempo. A seconda che salpiamo con un custode o con la compagnia della solitudine.

Tre mete contro ogni malessere: dalla più vicina alla più lontana. Un consiglio per viverle al meglio, uno per non viverle al peggio e qualche chicca sotto al titolo “Il consiglio in più”: dalla libreria introvabile, al bar spirituale, dal negozio vintage, all’imperdibile take away. Tutto in un libretto agile e compatto, come dovrebbero essere tutti quelli che si mettono in viaggio: con più futuro che bagaglio. C’è anche un test, che sta alla fine ma dovrebbe essere all’inizio. Perchè è la condizione. Perché serve a capire se davvero siamo pronte e (ri)partire.
E in mezzo l’autrice, Federica Brunini, che ha già fatto tutto per noi.

Prima di noi: «Ho trovato me stessa in una stanza d’albergo a Chicago, ho attraversato i miei silenzi nelle moschee di Istanbul e nel deserto cileno dell’Atacama, mi sono lanciata al mio inseguimento per le street di Londra, di New York, di Adelaide. Mi sono innamorata in Estonia, in Polonia, in Marocco. E ho rimesso in discussione tutto a Mumbai, a Dubai, in Sardegna...».
Ecco. Ancora prima di partire, non siamo già più sole.

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