Viaggio tra i kebab di Milano

Dalla stazione Centrale ai Navigli, i venditori di kebab nel capoluogo milanese sono alcune centinaia. Con tre euro e cinquanta si mangia, un cibo per tutte le tasche. Il prezzo è sempre uguale. La qualità della carne cambia

Viaggio tra i kebab di Milano

Milano - Il “Meydan restorant” è in via Pergolesi, non lontano dalla stazione centrale. Lo gestiscono due fratelli turchi di etnia curda: Ali e Ismail Orde. E' conosciuto, a Milano, come uno dei migliori negozi di kebab. Ali ha lavorato per anni, come operaio, in una nota casa editrice. Poi, un giorno, ha deciso che la sua strada era quella di mettere in piedi un'attività autonoma e di lavorare nel campo della ristorazione. E' contento ma, ammette, “siamo qui dalla mattina alla sera, non abbiamo più una vita privata”. Gli affari non vanno male. Ha cinque dipendenti. Oltre al kebab preparano piatti tipici con carne e verdure, e le polpettine falafel, fatte con la farina di fave. Buonissime.

"Non tutti i kebab sono uguali" Ali ci tiene a precisare una cosa: “Non tutti i kebab sono uguali. Io lo preparo ogni giorno scegliendo la carne e mettendo sullo spiedo le bistecche, una sull'altra, condite con le spezie. Tutt'altra cosa sono i rotoli di carne semicongelata che vengono usati in molti altri negozi”. La differenza di qualità si sente eccome. Basta fare una prova. Il prezzo però è lo stesso: 3,50 euro. “Tutti ormai si aspettano di pagarlo questa cifra, e anche se la nostra qualità è superiore dobbiamo adeguarci”. I clienti? L'80% sono italiani. Con meno di 5 euro prendono un panino, le patatine e una bibita. Un prezzo alla portata dei ragazzi ma anche di chi lavora e, con un ticket-restaurant da 5 euro, deve pagarsi ogni giorno il pranzo.

"Non ho niente da dirvi..." A poche centinaia di metri, in corso Buenos Aires, c'è un altro kebab. Entriamo e spieghiamo che siamo giornalisti, vogliamo fare delle domande. I dipendenti sono contenti e pronti a risponderci. Uno di loro dice: “E' venuta anche la televisione, poco fa”. Poi, all'improvviso, dal retrobottega arriva il proprietario e ci fa capire che non vuole parlare. Lo dice in modo sbrigativo: “Le risposte che vi do io sono le stesse che vi hanno dato gli altri”. Proviamo a spiegargli che non ha niente da temere ma notiamo che è un po' troppo rigido. Togliamo il disturbo, con tutti i kebab che ci sono a Milano... Prima di uscire notiamo un cartello: carne congelata.

Tra salse, patatine e carne speziata In Corso di Porta Ticinese parliamo con Mahmut Korurer, turco, titolare del Champion Panino e kebap. Sono le cinque del pomeriggio. Ci spiega che è il secondo rotolo di carne che gira intorno allo spiedo. Ognuno pesa sui 25 chili. Vitello, tacchino e spezie miste: questi gli ingredienti. Un tempo la carne era tagliata con un coltello affilatissimo. Oggi si usa una macchinetta elettrica rotante che asporta sottili fettine. Sembra quasi di “fare la barba” al kebab. Il rumore è inconfondibile. La carne viene servita in un panino arabo - oppure su un piatto - aggiungendo verdure miste e salse: le più tradizionali sono la harissa, piccante, l'hummus a base di ceci e tahini (pasta di sesamo) e il tzatziki, fatto con yogurt e aglio. Ma c'è chi azzarda anche abbinamenti più arditi mettendo maionese o ketchup. Il cliente, si sa, ha sempre ragione.

"L'ho mangiato la prima volta in Germania" Entriamo in un altro negozio di kebab in corso San Gottardo. Anche questo è gestito da turchi. Parliamo con Mehmet. E' di Gaziantep, nel sud-est della Turchia. Vende anche pizza e arancini. Ci spiega che fa parte di una mini catena: due negozi a Cinisello Balsamo, due a Legnano e uno a Milano. Ci avviciniamo a un cliente, Diego. E' uno studente romano della Bocconi. “Passo da qui una volta ogni 10-15 giorni. Ho provato la prima volta il kebab in Germania, ad Amburgo, e mi è piaciuto moltissimo”. Chiede che non gli mettano salse e verdure ma solo carne. “E' più digeribile”, ci spiega.

"Noi usiamo la carne di maiale..." Il nostro giro si conclude sui Navigli. Questa volta siamo attratti da un kebab un po' atipico. E' greco. Entriamo da “Ghiros”. Il titolare è di Salonicco e, oltre a questo locale, gestisce anche un ristorante, sempre a Milano. Parliamo con una commessa, Celina. Ci spiega tutti i piatti tipici che possiamo provare nel suo negozio. Ma prima di tutto ci rimprovera per la nostra ignoranza: “C'è un'enorme differenza dal kebab. Noi usiamo il maiale.

Loro non possono, per religione. La loro carne è mista”. Ci tiene a rimarcare la differenza. Eppure non è greca Celina, è polacca. Ma lavora lì da dieci anni... Anche Celina è figlia, come un po' tutti noi, della globalizzazione alimentare.

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