nostro inviato a Verona
Ma cosè questa crisi? A giudicare dal via vai di operatori e curiosi nel Palatium, il padiglione del Lazio alledizione numero 43 del Vinitaly in corso al Verona, nella nostra regione non si dovrebbe nemmeno pronunciare la parola. Epperò molti si lamentano, i consumi si flettono. Se poi si ascoltano i produttori questa crisi è un animale strano: per qualcuno un mostro a molte teste, per altri un quieto gattino che fa le fusa. Di sicuro il vino si continua a bere e di vino si continua a parlare, discutere, innamorarsi. E di sicuro fare qualità è un ottimo esorcismo contro leventuale calo di consumi. «La nostra ricetta - dice Gabriele Pandolfo - è continuare a lavorare al meglio, senza modificare i listini». A parlare è il titolare della Cantina SantAndrea al Circeo, una delle poche realtà in espansione della nostra regione, quindi lottimismo è dobbligo. Ma anche altrove nessuno ha intenzione di piangersi addosso: «Prima di partire per Verona - dice Anton Maria Coletti Conti, titolare dellomonima azienda di Cesanese del Piglio - mi ero fatto coinvolgere psicologicamente dallidea della crisi, ma poi mi sono accorto che non cè stata alcuna flessione delle vendite». E allora. Tutto bene? «No, la crisi cè: un po è latente, un po si fa sentire, ma niente di drammatico», dice Marco Trimani, titolare di Colacicchi, in Ciociaria. Che non ci sta a sentirsi dire che la congiuntura potrebbe tarpare le ali a un movimento, quello del vino laziale, che deve ancora conoscere il suo momento di boom: «No, il vino del Lazio vola alto già da tempo. Parla di limiti qualitativi solo chi identifica il vino laziale con i Castelli».
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