La vita della regina Elisabetta era affidata a un serial killer

Al cinema andava forte l’ufficiale gentiluomo. In Canada polizia e opinione pubblica fanno i conti con il colonnello serial killer. La vicenda è un incubo nazionale, una storia dell’orrore capace di lasciar incredule e sbigottite anche le gelide menti canadesi. Il suo terrificante protagonista, il 46enne colonnello Williams Russels era, fino a qualche mese fa, uno dei più brillanti ufficiali del Paese destinato, nell’opinione di capi e colleghi, a un’irresistibile scalata ai vertici della difesa nazionale. Invece a tre mesi dal suo arresto ha buone probabilità di venir ricordato come uno dei più spietati e sadici serial killer, un insospettabile dottor Jeckyll e mr Hyde colpevole, per ora dell’assassinio di due donne, ma sospettato per l’uccisione di almeno altre cinque e accusato di violenza carnale nei confronti almeno dieci vittime. Senza contare un’ottantina d’intrusioni in cottage, villini e abitazioni private conclusesi con la razzia d’interi cassetti di biancheria intima.
L’agghiacciante storia del colonnello Russels inizia come ogni film giallo dalla fine. La sera del 4 febbraio la polizia della provincia dell’Ontario ferma un Nissan Pathfinder su una strada non lontano da Trenton, la più importante base aerea del Paese. Un agente si china controlla i pneumatici, ne confronta il disegno con quello di una foto. Un attimo dopo gli agenti del posto di blocco sono attorno al fuoristrada. Dietro al volante c’è un militare in divisa dalla faccia nota. Più di un agente ricorda d’averlo visto alla televisione pochi giorni prima mentre coordinava il flusso di aiuti per i terremotati di Haiti in partenza da Trenton la base sotto il suo comando. Il disegno nelle mani dell’agente parla chiaro. L’impronta del pneumatico del fuoristrada coincide perfettamente con quella rimasta impressa nella neve davanti all’abitazione di Jessica Loyd, una 29enne scomparsa da casa una settimana prima. Un’ora dopo il colonnello è nella centrale di polizia di Ottawa circondato dagli inquirenti. Tre giorni dopo vuota il sacco, indica agli agenti il fossato dove giace il cadavere semicoperto di neve di quella ragazza violentata e strangolata. La confessione è solo il primo passo nell’antro degli orrori. Il colonnello messo con le spalle al muro rende una dettagliata confessione. Quel cadavere seviziato è solo l’ultima impresa di un mostro che nell’intervallo tra una missione d’importanza nazionale e un incontro con il ministro della difesa ha messo a segno più d’ottanta irruzioni serali nelle case dei vicini facendo razzia di perizomi e reggiseni. Un bottino gelosamente custodito nella cantina dell’elegante villetta sul lago dove conduce vita tranquilla e appartata con una moglie assolutamente inconsapevole. Ma quelle incursioni sono solo routine. Una routine inframmezzata nel novembre del 2009 dall’assassinio del caporale Marie Comeau, una hostess militare di servizio sui voli di stato coordinati dal colonnello Russels, trovata strangolata e violentata nei pressi della base di Trenton. Ad altre donne non è andata così male. L’ufficiale mostro dopo averle sorprese in casa si è limitato a legarle a una sedia, tappare loro la bocca con del nastro adesivo, incappucciarle e violentarle selvaggiamente. Il problema ora è se la sua confessione possa esser considerata esauriente. La polizia non lo crede proprio. L’esame svolto in questi due mesi di almeno altri cinque casi d’assassinio di giovani donne strangolate e violentate fa temere che il curriculum dell’orrore attribuibile all’insospettabile serial killer con le stellette sia molto più lungo e molto più spaventoso di quanto ammesso. E mentre a Ottawa gli inquirenti canadesi lavorano sui «cold cases» a Londra la regina Elisabetta tira il fiato.

Nel 2005 quando si recò in visita nelle gelide terre canadesi la sua sicurezza e il suo volo oltreoceano erano stati affidati a un brillante ufficiale presentatole come una delle stelle emergenti ai vertici dell’aviazione canadese. Si trattava del colonnello William Russels, ma la sovrana per fortuna non aveva più l’età giusta. E soprattutto non portava con sé valigie di perizomi e reggiseni.

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