La vittoria di una nuova capitale

In ogni momento di questi lunghi mesi di campagna elettorale per l’Expo la soddisfazione e l’impegno sono sempre stati temperati dalla prudenza. Com’è nel carattere del sindaco, personalità positiva e determinata, non c’è mai stata presunzione o entusiasmo, ma una continua, sistematica opera di persuasione sulla bontà dell’offerta e della candidatura di Milano. In tutte le occasioni, in Italia e all’estero, ma soprattutto a Parigi, la convinzione di vincere è sempre stata contenuta più nella forma del desiderio e della speranza che in quella della certezza.

In particolare nelle mie due ultime spedizioni parigine ho riscontrato, nonostante il travaglio della missione milanese e il quartier generale alla continua ricerca della conferma dei voti, un atteggiamento di grande controllo come chi, nonostante i molti incontri, i riscontri e le note scritte di adesione dei Paesi non vuole accomodarsi al pensiero della vittoria. La sera prima della votazione, il 30, all’Opera, ho addirittura avvertito più che l’ansia per la battaglia imminente, il controllo di chi vuole non farsi trovare impreparato alla sconfitta. Molto scettici alcuni giornalisti milanesi, abbottonatissimi i funzionari dell’ufficio diplomatico del Comune di Milano, entusiasta e convinto, come un profeta, soltanto un consigliere dell’opposizione, Davide Corritore, che aveva dato anche la misura della vittoria molto vicina ai numeri reali (90 voti, abbiamo vinto con 86).

Proprio pensando a lui ho fatto alcune riflessioni non sul grande impegno che l’Expo richiederà al settore cultura ma sul ruolo che la città di Milano avrà nel prossimo governo. Un modello necessario e insieme un ruolo di capitale, non morale ma politica dell’Italia. Fra qualche giorno vi saranno le elezioni. E, se vincerà il centrodestra, la vittoria di Milano per l’Expo ne sarà l’anticipazione e imporrà un’attenzione pari e superiore a quella che ebbe Roma con la legge speciale per Roma capitale.

Con la vittoria del centrodestra Milano tra Berlusconi e Bossi sarà anche la capitale politica del Paese. Ma se dovesse vincere il centrosinistra, come non accadrà, e dunque se non dovesse vincere il centrodestra con uno stallo al Senato che porterebbe alla tanto annunciata grande coalizione, Milano sarebbe ancora il modello della città per la quale si sono spesi con impegno e convinzione insieme al sindaco, al comitato per l’Expo e agli assessori milanesi, in perfetta armonia, tutti gli esponenti del governo di centrosinistra.

Milano, nel bene e nel male, ma evidenziando senza paura l’area vasta del male, era stata all’inizio degli anni Novanta capitale della rivoluzione giudiziaria, città simbolo dell’azione di Mani pulite in quella che prese il nome di «Tangentopoli». Gli eroi di quell’epoca sono quelli che ricordiamo, e Milano ne ha sopportato l’impresa, con grande danno ma mostrandosi pronta ad accettare l’opera moralizzatrice della magistratura. Un primato sinistro ma non controverso che spense molte energie, ma accese anche molti entusiasmi intercettando la rivoluzione politica che, con minore efficacia, era stata anticipata dalla Lega. Diciamo: una necessaria pars destruens, di cui Milano fu comunque protagonista.

Con la vittoria dell’Expo comincia la pars construens. Milano torna capitale culturale, materiale e simbolica dell’Italia. E, come già vi erano, vi saranno molte altre buone ragioni per venire a Milano, città inevitabile per chi voglia sentire il suo tempo come Parigi, Londra, New York, Tokyo, Pechino. Con questa dimensione internazionale-universale si misura Milano, città inevitabile, città che sale (come la vedevano i futuristi), città dove le cose accadono. E se era toccato a Siviglia, tanto più lo sarà a Milano, predisposta al futuro. E già a fine 2008 pronta a celebrare il centenario del Futurismo. Smirne avrebbe avuto molto dall’Expo, ma non altrettanto avrebbe dato. Se nessuno che sia nel mondo con un’attività o un desiderio, può mancare di venire a Milano per lavoro o per conoscenza, non possiamo dire lo stesso di Smirne, città bellissima ma non inevitabile per qualche prerogativa contemporanea. Si può andare a Smirne per diletto, per turismo, per curiosità. Ma il vento della storia passa altrove.

Così l’Expo a Milano mi sembra un’ottima occasione per portarvi Smirne e farla conoscere con una grande mostra e con iniziative

culturali ed economiche. La cultura è anche questo: non fare vinti ma riflettere sulle ragioni dell’avversario e contribuire a liberarlo dalla sconfitta. In tal modo l’Expo a Milano potrà essere un’opportunità anche per Smirne.

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