Voglia di patrimoniale? Amato come nel 1992 ripropone l'una tantum

L'ex premier torna a proporre al Corsera una una tantum per rilanciare l'economia. Proprio come nel 1992. Solo che vent'anni fa finì con l'assalto da parte degli speculatori e la svalutazione del 30 per cento della lira...

Voglia di patrimoniale? 
Amato come nel 1992 
ripropone l'una tantum

Roma - Correva l'anno 1992. Per fare un torto a Bettino Craxi, il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro portava al soglio di Palazzo Chigi (con un governo poi definito "tecnico") Giuliano Amato che, a sole due settimane dal suo insediamento, decise di prelevare il sei per mille da tutti i conti correnti italiani retrodatando l’efficacia del diktat alla mezzanotte del 9 luglio. Una vera e propria stangata che andò a colpire anche le fasce più deboli e i prestiti. Depredati tutti, nessuno escluso. A quasi vent'anni di distanza, la voglia di patrimoniale non è certo passata alla sinistra che torna a sostenerla ogni giorno. "Se un’imposta sulla ricchezza una tantum può abbattere il nostro debito per qualche decina di punti e tranquillizzare i mercati, non possiamo sottrarci", ha detto in un’intervista al Corriere della Sera, Amato definendola necessaria per uscire dalla crisi.

"Dobbiamo lavorare tutti di più". Questo lo slogan di Amato. Mentre la sinistra boccia quella stessa manovra economica promossa sia dalla Bce sia dall'Fmi, sono gli amministratori locali del Sel a stangare i cittadini. Dall'addizionale Irpef introdotta dal governatore pugliese Nichi Vendola agli inasprimenti del neo sindaco Giuliano Pisapia. E, se fosse al governo, la sinistra mediterebbe seriamente una bella patrimoniale per fare cassa. "Prima di arrivare a questa medicina da cavallo - assicura Amato nella chiacchierata con Aldo Cazzullo - dovremmo ritrovare l’impegno che in certi grandi momenti della nostra storia abbiamo avuto di lavorare pancia a terra e far produrre al Paese tutto quello che può produrre".

Secondo Amato, la strada verso la ripresa non passa dalle liberalizzazioni, perché "quelle che ancora restano da fare danno poco sia alla crescita sia alla riduzione del debito". Nell’intervista l'ex presidente del Consiglio mette in guardia sulla situazione attuale, che è diversa da quella del 1992. "Il grande cambiamento di questi anni è che il debito sovrano, una volta sinonimo di debito garantito, non è più ritenuto tale. Vale per gli Stati quello che vale per le banche: ce ne sono alcuni che forse sono troppo grandi per fallire, ma per quelli di medie e piccole dimensioni il rischio esiste". Ma il senso della patrimoniale non cambia. E basta dare un'occhiata ai risultati che diede vent'anni fa per capire se si tratta di una mossa azzeccata o meno. Due mesi dopo aver messo i conti a posto, ci fu un imponente attacco della speculazione sulla lira. La Banca d’Italia, allora governata da Carlo Azeglio Ciampi, spese svariati miliardi nel tentativo (poi rivelatosi inutile) di difendere il cambio. Il risultato? Nel giro di poche settimane la lira si svalutò del 30%.

Insomma, la patrimoniale fu del tutto inutile e non aiutò affatto a salvare i conti italiano. 

La storia, purtroppo, non insegna. E, a distanza di vent'anni, Amato (per quanto non voglia ammetterlo) torna a proporre la stessa ricetta...

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