Volgograd, la bella vita del sindaco termina in galera

Il suo stipendio è di 1.500 euro, ma ha un jet personale, un maxi yacht, appartamenti e ville di lusso. Miliardario abusando del suo ruolo

Marcello Foa

nostro inviato a Mosca

Guadagnava 1.500 euro al mese, ufficialmente. In realtà era uno degli uomini più ricchi di Russia. Ora è rinchiuso in una cella, ma non è un oligarca come il patron della Yukos, Mikhail Khodorkovsky. Yevgheni Ishenko ha solo 33 anni e fino a pochi giorni fa era il sindaco di Volgograd, l’ex Stalingrado. Alto, biondo, dai modi raffinati militava in Russia Unita, il partito di Putin e per questo pensava di essere un intoccabile, come altri sindaci russi, che però hanno il buon gusto di non esibire la loro ricchezza. Ishenko, invece, era sfrontato e suscitava invidie. Girava per la città accompagnato dalla sua folgorante moglie, un’ex modella, a bordo di una delle sue due Mercedes 600 o di una delle sue due Bmw o della sua Lexus. Per andare a Mosca non prendeva i voli dell’Aeroflot, ma usava il suo aereo personale, un Challenger da dodici milioni di dollari. Viveva in una superdacia nel sobborgo più chic di Volgograd e possedeva nella capitale due lussuosi appartamenti nella capitale russa (rispettivamente di 800 e di 300 metri quadri) oltre a un cottage immerso nel verde. Le vacanze? Le trascorreva sul suo yacht da 1,2 milioni di dollari; recentemente aveva annunciato agli amici di voler togliersi uno sfizio e acquistare un isolotto tutto per sé alle Maldive.
La sua è una storia tipica della Russia di oggi, spregiudicata e rampante. È sempre stato un tipo sveglio, Evgheni, ma una dozzina di anni fa, quando furono privatizzati i colossi statali, era troppo giovane per partecipare al banchetto. Non gli restava che l’altra via: arricchirsi con la politica. Nel 2003, appena eletto sindaco, Ishenko adocchia alcuni terreni demaniali, comprandoli per una manciata di rubli. Quando la catena di supermercati Pyaterochka Holding annuncia di voler aprire i battenti nell’ex Stalingrado, lui non si lascia sfuggire l’opportunità: «Ma perché non vi insediate sui miei terreni?», chiede. Affare fatto. È l’inizio di una riuscita partnership commerciale. La Pyaterochka opera in franchising ed è felicissima di affidarsi a una società locale, la Tamerlan, di cui il primo cittadino diventa comproprietario. L’appetito è insaziabile: la Tamerlan riceve fortissimi sconti fiscali dall’amministrazione pubblica locale e altri aiuti sottobanco. Per mesi dimentica di versare nelle casse pubbliche gli incassi generati da un’imposta locale sul consumo. Soldi che finiscono nei conti in banca del sindaco.
Va tutto benissimo, fino a quando Putin annuncia, a metà maggio, l’inizio di una campagna implacabile contro la corruzione. La prima testa a cadere è quella di Alexei Barinov, governatore di Nenets, una regione autonoma ricca di petrolio.

Poi, a sorpresa, tocca al sindaco di Volgograd. Le accuse sono pesanti: abuso di ufficio, peculato, frode. Ishenko viene destituito. Gli inquirenti hanno già trovato numerose prove a suo carico. Evgheni non era un intoccabile.

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