Watkins, la dura del gruppo da manager ad accusatrice: l’azienda era come il Titanic

La donna annunciò la crisi e denunciò i trucchi. Ora sarà chiamata come teste

Sherron la dura è stata la prima a capire. Era vice presidente di Enron: bionda, texana, quarantenne. Negli organigrammi c’erano Kenneth Lay, Jeffrey Skilling e lei, Sherron Watkins. In otto anni a Houston, poche miglia da casa, ha fatto tutta la trafila: impiegata, quadro, dirigente. Non era una santa. Nei corridoi della società si diceva che fosse una arrivista: scaltra e con la lingua tagliente. Poi diventò il «toro in un negozio di porcellane». Lo schiacciasassi, il rullo compressore in grado di spaccare tutto, la bomba a orologeria piazzata inconsapevolmente: forse sapeva, Sherron. Forse no. E se non sapeva, immaginava. Bene. Scrisse una lettera in un giorno d’estate: sette pagine indirizzate a Kenneth Lay e per conoscenza a Skilling. «Un atto di coscienza», disse lei. In quelle sette pagine c’era una premonizione: i conti erano gonfiati, l’implosione vicina. La lettera non la vide nessuno: Sherron andò via, lasciò la società, si mise in proprio. Cinque mesi dopo Enron non esisteva più. Allora la lettera della Watkins riemerse: fu pubblicata integralmente dai giornali per diventare il più pesante capo d’accusa contro i vertici di Enron.
A una a una le accuse furono ripetute anche alla Commissione Energia del Congresso: «L’Enron era un Titanic che stava affondando, il trucco contabile era semplice: testa vincevano i dirigenti, croce perdeva la Enron». La donna puntò l’indice contro Jeffery Skilling e Andrew Fastow (il «mago delle finanze» ideatore dei trucchi che avevano consentito di nascondere passivi per oltre un miliardo di dollari). Secondo la Watkins i due avevano «intimidito altri dirigenti», nell’accettare le irregolarità contabili.
Diventata eroina alla Erin Brokovich raccontò scene drammatiche. Come quella di Fastow che quando seppe che lei aveva vuotato il sacco, lui chiese la sua testa e le fece requisire il computer. Ma la Watkins, avvisata da una amica, era riuscita a giocare d’anticipo copiando i file scottanti sul computer portatile: «Bastava leggere i libri contabili con un minimo di attenzione. La Andersen sapeva benissino cosa stava certificando». Sherron poi è sparita.

L’anno scorso Time l’ha nominata persona dell’anno insieme con altre due informatrici protagoniste positive di altri scandali (Coleen Rowley, l’agente dell’Fbi che ha portato alla luce il rovinoso fallimento dell’intelligence Usa nel prevenire gli attacchi dell’11 settembre, e Cynthia Cooper, la dirigente di WorldCom che avvertì delle irregolarità contabili i manager della società di telecomunicazioni poi fallita). Tornerà in tribunale per testimoniare, forse.

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