Alan Ayckbourn ha avuto grande successo nel mondo per la sua abilità nel costruire splendidi meccanismi scenici e insieme per il raffinato umorismo con cui ha colto la middle class non solo inglese. Attore e direttore di un teatro di provincia, Ayckbourn è stato molto rappresentato nel nostro paese, ma da qualche tempo la sua presenza è diventata più rara. Eppure si tratta di un autore che nel teatro umoristico internazionale ha un solo rivale, l'americano Neil Simon. Se, però, quest'ultimo è un maestro della battuta graffiante o solo agrodolce, Ayckbourn ha il genio della comicità, rappresentata da personaggi assolutamente normali e che non immaginano mai di essere comici. Nei suoi testi, gli equivoci e gli scambi di persona sono degni di quel maestro che è Feydeau, ma poi sono accompagnati da un dialogo effervescente che ha alle spalle la tradizione inglese di autori come Oscar Wilde, George Bernard Shaw e Noël Coward.
Cari bugiardi, in scena al Teatro Manzoni di Roma e poi in tournée, è stata nel 1967 la commedia che ha lanciato Ayckbourn a livello internazionale. In essa c'è tutto il suo teatro, la cui comicità e lumorismo nascono dal contrasto fra i contrattempi in cui sono coinvolti i personaggi e le loro reazioni spropositate. Ayckbourn gioca tutta la pièce su quattro personaggi: il fidanzato di una bellissima ragazza, della quale non sa nulla, lei che è stata l'amante del suo datore di lavoro, quest'ultimo e sua moglie, coniugi apparentemente felici da molti anni. Se i quattro s'incontrano in una casa di campagna e non sanno i rapporti che intercorrono fra di loro, ecco che «la commedia degli errori», per citare Shakespeare caro all'autore, esplode in una girandola di situazioni assurde eppure assolutamente normali. La regia di Carlo Alighiero è attenta a sfruttare tutte le situazioni comiche, ma anche a sottolineare la qualità di un dialogo rivelatore delle psicologie dei personaggi.
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