«A proposito di Oscar, non ho mai pensato che gli americani potessero apprezzare un film come Gomorra», ha detto Lina Wertmüller dopo la presentazione del suo film Mimì metallurgico ferito nell'onore, che nel 1972 meritò alla regista, unica donna, la candidatura a quattro Oscar, per di più per un film non in inglese. La proiezione del film, che fu presentato alla venticinquesima edizione del festival di Cannes, ha aperto ieri al cinema Farnese di Roma la seconda edizione di «Sguardi Persol sul cinema». Presente anche il protagonista, con Mariangela Melato, Giancarlo Giannini. La Wertmüller ha ricordato che a lei «piace molto il grottesco ma in Italia oggi questo genere non esiste. Mi piacciono molto i fratelli Coen. Ritengo che in alcuni loro film hanno avuto zone di grottesco che ho sentito vicino al mio modo di sentire. Anche Mario Monicelli per restare in Italia, lui è un genio». In platea c'era anche Pasquale Squitieri che è intervenuto affermando, rivolto alla Wertmüller: «A rivedere il tuo film non mi è venuto mica da ridere. Penso che la vera regia sia quella di Visconti. Un autore è anche Fellini. Ho rivisto anche un film di Sordi regista e non mi ha fatto più tanto ridere. La verità, Lina, è che ti hanno fatto a pezzi a suo tempo perché tu avevi trattato a quel modo un comunista, Mimì metallurgico! E un comunista non lo si poteva trattare così. Sul comunismo c'era una sacralità che tu hai intaccato! Non si poteva ridere dei comunisti». Per la Wertmuller «invece c'è da ridere eccome sull'Italia di oggi. Ma il problema non è la scrittura, ma la lettura! Si può ridere di tutto. Anche sui campi di concentramento! Il problema è che Squitieri ha una capoccia completamente diversa dalla mia. Lui è coinvolto nella politica. Io no. Per me l'artista è cultura, punto. Lui ha un'impostazione critica che secondo me non gli ha giovato, anche se è un ottimo regista, e si pensi a I Guappi». La regista, a proposito del suo film Mimì metallurgico, ha poi ricordato che «si doveva chiamare Il dolce e l'amaro ed era molto diverso da come è venuto. Poi c'è stato l'incontro con Giancarlo Giannini che è stato fondamentale per me e per il film».
«Io dovevo fare il siciliano ma non sapevo nulla della Sicilia - ha ricordato Giannini - e vi ho passato due mesi e mezzo, imparando tutto da Turi Ferro e da Lina. Ho scoperto i dialetti con cui già avevo avuto a che fare in altri film. Per questo devo ringraziare il mio maestro Orazio Costa all'Accademia d'arte drammatica, con cui avevo cominciato un lavoro sulla lingua».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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