Yellowjackets, fusion sempreverde

Yellowjackets, fusion sempreverde

Il club Blue Note riserva al quartetto Yellowjackets (Bob Mintzer sassofoni, Russell Ferrante pianoforte e tastiere, Jimmy Haslip basso elettrico, Marcus Baylor batteria) il trattamento di riguardo che ha per le celebrità internazionali: oggi e domani con quattro set alle 21 e alle 23. Si prevede un grande concorso di pubblico: gli Yellowjackets sono sulla breccia da quasi trent'anni, la qual cosa significa che il gruppo, pur lavorando inizialmente nell'ambito della fusion, com'è noto abbastanza soggetta alle mutazioni delle mode musicali, tiene fede a una propria fisionomia; e che anche i cultori del «vero jazz» non arricciano il sopracciglio di fronte al loro stile, ragione per cui li apprezzano e non disdegnano affatto di assistere ai loro concerti. Oltretutto, il soggiorno milanese degli Yellowjackets coincide con il rilancio nei negozi dell'album più recente della loro nutrita discografia (ventiquattro cd a loro nome per oltre un milione di copie vendute): si tratta di Lifecycle, pubblicato giusto un anno fa con la partecipazione del chitarrista Mike Stern. Dotato di una notevole forza d'urto che però non oltrepassa mai i limiti del buon gusto - a volte anzi i suoni si stemperano in una riconoscibile dolcezza - il quartetto ha tenuto concerti in tutto il mondo. Nella formazione si sono avvicendati musicisti di alto livello quali il sassofonista Marc Russo, i batteristi William Kennedy, Peter Erskine e la famosa Terri Lyne Carrington. Soltanto Russell Ferrante e Jimmy Haslip hanno fatto parte del cast originario, e tuttavia anche Mintzer come compositore e solista, e Baylor come produttore di un vigoroso fondale ritmico, vengono ormai associati da tempo agli Yellowjackets: i quali perciò hanno conseguito il carattere di stabilità e il sound tipico che gli vengono attribuiti, tanto da meritare, da parte della critica, la definizione di «sodalizio fra virtuosi dei rispettivi strumenti».

Al di là di quello che gli antichi romani chiamavano «dolus bonus», è comprensibile che il programma di sala del Blue Note parli di «band leggendaria» che nel volgere di tre decenni ha saputo accostarsi a linguaggi e a contaminazioni di ogni tipo e nello stesso tempo ha mantenuto una singolare coerenza. Tutt'al più si può dire che gli Yellowjackets hanno prestato attenzione al gusto del pubblico più attento.

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