Castrazione chimica per i recidivi di violenze sessuali e la libertà vigilata di 20 anni, alla fine dei periodi di detenzione, per i condannati per terrorismo, violenze sessuali e pedofilia. L'ultimo telegramma legislativo del nocchiero Zapatero arriva a spegnere i bollori di tre delle più abiette categorie delinquenziali circolanti sul pianeta. Il provvedimento, che prevede anche l'istituzione di un registro per le persone condannate per violenze pedofile e la non prescrizione per i reati più gravi di terrorismo e pedofilia, sarà presentato nelle prossime settimane al Parlamento. Ci si potrebbe stupire di tanta severità e solerzia se a rinfrescare la memoria non aiutassero alcune note di cronaca. La Spagna, sul fronte terrorismo ha pagato più volte il suo tributo di sangue. Bombaroli dell'Eta a parte, è stata colpita al cuore l'11 marzo del 2004 con l'attentato alla stazione ferroviaria di Atocha che fece 192 vittime. Passando alla violenza sessuale occorre ricordare che è considerata già, con una legge ad hoc, inserita nel Codice penale 2004, alla stregua di un omicidio. E ancora, di male in peggio, che sono ricorrenti i casi di pedofilia che hanno sconvolto l'opinione pubblica.
Come testimonia la vicenda dello spagnolo Alvaro Iglesias G., meglio conosciuto in Spagna con lo pseudonimo di «Nanysex» , condannato a 58 anni di carcere (l'accusa ne aveva richiesti 175) perché ritenuto colpevole di abuso sessuale ai danni di cinque bambini, di età tra gli uno ed i sei anni, tra il 2002 ed il 2004, commessi sfruttando la sua posizione di baby-sitter.
Niente mezze misure, quindi. Niente «si potrebbe», niente «vedremo». Il premier spagnolo prende il vento, con questo pesante ritocchino al codice penale, e segue puntualmente la sua rotta. E così, altrettanto puntualmente, anche il solito interrogativo rimane sospeso a mezz'aria: da che parte sta il socialista José Luis Rodriguez Zapatero che appena può prende decisioni talmente radicali che susciterebbero l'invidia e l'ammirazione di un capo di governo conservatore?
E qual è il vero volto di questo leader? Quello dell'ex segretario del Psoe, il partito socialista operaio spagnolo, che, condotta finalmente la sinistra al potere, incarna la sua voglia di rivincita e di riscatto nel nome e per conto di un Paese uscito malconcio dalla dittatura franchista?
O quello di un premier accorto che la statua di Franco, per non urtare la sensibilità di nostalgici e fedelissimi, la fa rimuovere alla chetichella, nottetempo. E la fa portare in un luogo sicuro. Luogo sicuro che, come hanno ironizzato alcuni giornali americani, potrebbe essere, magari, casa sua? È fuor di dubbio che, per la gioia dei suoi elettori, come ha appoggiato i bagagli alla Moncloa, Zapatero ha voluto partire in quinta sbattendo la porta in faccia alla Chiesa, ai suoi privilegi, alla sua ora di religione, facendola indispettire con il via libera ai matrimoni gay e accelerando le pratiche di divorzio. Certo c'è stato e c'è anche uno Zapatero «mister tentenna» che promette linea dura con l'Eta, poi ritratta e tenta la mediazione poi torna a ringhiare, poi non si capisce cosa vuol fare. Ma anche lo Zapatero che lancia il discusso «Piano Africa», una legge analoga per alcuni versi all'italiana Bossi- Fini, molto dura nei confronti dell'immigrazione clandestina. E se in politica estera gli avversari lo bollano come un amico di Evo Morales ed Hugo Chavez, estremista e populista come loro, ecco che lui estrae dal cilindro leggi curiose, come quella per il riconoscimento dei diritti civili delle scimmie antropomorfe.
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