Zapparoli, il Monte Rosa lo riconsegna cinquantasei anni dopo la morte

da Macugnaga

Un personaggio della cultura e della montagna, il mantovano Ettore Zapparoli, morto nel ghiaccio e nelle rocce della celebre parete est del Monte Rosa nel 1951, è stato sepolto sabato nel singolare e fascinoso cimitero di Macugnaga. Era conosciuto per essere stato uno dei «Ragazzi del ’99», aver scritto due romanzi, per essere un buon suonatore di pianoforte, per essere stato definito da Emilio Comici «l’unico vero alpinista solitario» e per essere stato stimato amico di Dino Buzzati. Fu proprio il grande scrittore a renderlo poi famoso con un suo eccezionale pezzo quando Ettore Zapparoli scomparve nelle viscere del Monte Bianco, dopo essere uscito dal rifugio Marinelli ed essersi avviato nel chiarore della luna verso la vetta, dove però non arrivò mai. Lo conobbi pochi mesi prima e mi invitò nella sua casa all’angolo tra via Carducci e via San Vittore. Mi suonò il pianoforte e parlammo a lungo di musica e delle mie Dolomiti trentine, poi non lo vidi più perché tre mesi dopo giunse quel giorno di grande tristezza anche per l’amico Buzzati, che si era sentito delicatamente colpevole di non averlo abbastanza sostenuto nelle sue molte aspirazioni artistiche. Sono dovuti passare 56 anni prima che lo scorso 9 settembre un alpinista ritrovasse sulla parete alcune ossa e soprattutto un fazzoletto ricamato riconosciuti dalla scienza e da amici come appartenenti a Zapparoli.

Sabato pomeriggio, in una commovente cerimonia nel cimitero che onora tutti i caduti della montagna con il loro nome scolpito su una parete, è stato ricordato dal sindaco, Giovanna Boldini, da Teresio Valsesia, in rappresentanza del Cai e da bellissime armonie del coro di Macugnaga. Alla cerimonia era presente anche un cugino di Zapparoli, Giovanni Carlo.

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