Igor Principe
«L'approdo al Teatro Strehler rappresenta qualcosa di straordinario, sia per questo spettacolo che per noi. In qualche modo è un regalo che facciamo al pubblico di Milano e a noi stessi, prima di chiudere il capitolo dedicato a Zorro».
Le repliche che, da stasera al 12 marzo, Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini porteranno in scena sul più grande dei palchi del Piccolo Teatro sono dunque l'ultima occasione - almeno a breve termine - per assistere ad uno spettacolo che ha appassionato il pubblico di tutta Italia. Ma chiederne la ragione ai protagonisti è pleonastico: basta osservare il florido pancione di lei, in attesa evidente del loro quarto figlio. «Devo tornare a fare la mamma, oltre a ciò che considero il mio vero mestiere: la scrittrice», dice Mazzantini, autrice di un testo richiestole espressamente dal marito.
«Circa due figli fa - dice lui - le chiesi di regalarmi un lavoro per il teatro. Mi stavo abituando a una certa indolenza cinematografica e avevo voglia di tornare a sudare sulle assi di un palco. Margaret ha scritto la storia di un uomo normale che si ritrova a vivere in strada, e da qui comincia un suo approccio esistenziale alla libertà».
L'elegante francese li definisce clochard, il più prosaico e descrittivo italiano li vuole barboni. La sostanza non cambia: sono uomini che hanno perso il molto o il poco che avevano e che la sorte ha trasformato in nomadi metropolitani. Persone che per l'autrice «vivono fuori dal radar», e che emanano una forza poetica irresistibile.
«Ed è proprio l'elemento poetico ciò che prevale in questa storia, che non è un'indagine sociologica - precisa Mazzantini -. È invece il racconto di una cosa che potrebbe accadere a tutti, e che accade a molti. Non sono pochi, infatti, gli uomini che in seguito a una separazione, trovandosi a dover pagare gli alimenti e alle prese con una vita economicamente sempre più difficile, si ritrovano senza casa, costretti magari a dormire in auto. Questa vicinanza alla quotidianità di tutti noi è stata recepita, e ci ha fatto piacere. Durante le repliche al teatro Argentina, a Roma, ci sono arrivate mail in cui il pubblico ribadiva la necessità di un racconto come quello di Zorro, per capire aspetti del nostro mondo che ci sfuggono».
A giudizio degli interpreti, la forma con cui lo spettacolo andrà in scena aiuta quella comprensione. Si tratta di un reading: lui, lei e la forza delle parole. «Ci siamo accorti - spiega Castellitto - che raccontando la storia di Zorro in quel modo, il pubblico aveva maggior libertà di scegliere immagini e scenari. Un po' quello che accade in un radiodramma».
Dal testo - edito da Mondadori - alla scena nulla cambia. Il protagonista vive la sua vita ai margini di una grande città (Roma, presumibilmente) e riflette su coloro che chiama «i cormorani». Cioè chi ha una casa, una famiglia, un lavoro e li tiene insieme in un'esistenza che, a uno sguardo comune, pare normale. Sotto quello di Zorro, invece, rivela ciò che non ti aspetteresti mai.
«È uno sguardo anomalo e straordinario - dice Mazzantini -.
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