Enrico Sarzanini
da Roma
Sesso a pagamento, «regale» o ministeriale, insulti sfrenati, strani traffici di farmaci, pressioni per strappare licenze ai monopoli di Stato. E persino un«ammissione di colpevolezza» sulla vicenda dellesclusione della Mussolini dalle regionali del Lazio di un anno fa.
Dalle intercettazioni dellinchiesta-monstre di Potenza salta fuori un po di tutto, mentre la politica si affanna a chiedere, come fa il vicecoordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, di «non mettere nel ventilatore paginate di intercettazioni». Ma proprio le indiscrezioni su quelle chiacchierate «spiate», il giorno dopo i clamorosi arresti di Vittorio Emanuele di Savoia e di Salvo Sottile, con il primo addirittura dietro le sbarre nel carcere di Potenza, sembrano sostenere le accuse del pm Henry John Woodcock. Tanto che, di fronte ai dubbi sul contenuto dellinchiesta sollevati ieri dal presidente emerito Francesco Cossiga, il gip Alberto Iannuzzi ha replicato facendo esplicito riferimento al contenuto di unintercettazione nella quale lesponente di Casa Savoia esprimeva giudizi sarcastici sui sardi.
LE VENTI DONNE
PER IL «CAPO»
Nellordinanza di arresto firmata due giorni fa dal gip potentino, una parte importante è costituita dagli «incontri» con prostitute che hanno portato a indagare Vittorio Emanuele per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione insieme a Gian Nicolino Narducci, Giuseppe Rizzani e Ugo Bonazza, i tre collaboratori del «re mancato» che, secondo laccusa, gli avrebbero organizzato incontri sessuali a pagamento in almeno una ventina di occasioni, in Italia e allestero. Affidandosi a una prostituta dellest europeo per «rimediare» le ragazze. Così, dopo un «rendez-vous» galante di Vittorio Emanuele a Milano, gli inquirenti ascoltano due dei collaboratori del «principe» discutere tra loro della tariffa: «Il capo avrebbe preferito una bionda, e ha giudicato 200 euro eccessivi per la prestazione». Proprio «lonorario», come lo chiamano gli indagati, è spesso al centro di discussioni. Si arriva a pagare fino a 300 euro, mentre in unoccasione, rivela lordinanza, Narducci, Rizzani e Bonazza (che curano ogni aspetto degli «incontri») di fronte a una richiesta troppo elevata - mille euro - da parte della prostituta contattata per lappuntamento, alzano le mani e mandano in fumo l«affare». Unaltra volta non se ne fa nulla allultimo momento perché un collaboratore del «principe» è «preoccupato dalle maldicenze che girano sul suo conto sullisola di Cavallo».
INCONTRI SESSUALI
ALLA FARNESINA?
A Salvo Sottile, invece, il pm lucano contesta il reato di «concussione sessuale». Il portavoce di Gianfranco Fini avrebbe consumato prestazioni sessuali, anche alla Farnesina (quando il leader di An era ministro degli Esteri), con ragazze che gli si sarebbero concesse, secondo lordinanza firmata da Iannuzzi, «nella speranza di poter emergere nel mondo dello spettacolo». Una promessa fatta balenare grazie al «concorso e accordo» con Giuseppe Sangiovanni, vice direttore Risorse tv della Rai. Nel documento della procura si sottolinea lo «sprezzante cinismo» che i due mostrano parlando delle ragazze che, sognando un futuro in tv, si rivolgevano a Sottile o a Sangiovanni. E secondo laccusa il portavoce di Fini promette «sviluppi di carriera» pure al giornalista, per incentivarlo a risolvere alcuni «casi» relativi alle aspiranti «starlette». Lordinanza riporta alcune intercettazioni per chiarire la dinamica dei presunti «scambi di favori» tra le ragazze e Sottile. Questultimo per esempio dice di attendersi «riconoscenza» dopo che avrebbe raccomandato una soubrette, pur rammaricandosi per la «tendenza ad ingrassare della ragazza». Nellatto firmato dal Gip si accenna anche al tentativo di un famoso volto televisivo di accattivarsi le simpatie di Sottile, mostrandosi «complice» del portavoce di Fini per poi quasi implorarlo «di impegnarsi a fargli fare un programma». Per Iannuzzi sono dunque «del tutto chiari gli elementi dellillecito accordo. Ognuno dei due riceverà un utile dal reciproco. Ancora una volta a rimetterci sarà il servizio pubblico radiotelevisivo, gestito in maniera del tutto difforme rispetto ai principi di correttezza, imparzialità e trasparenza che dovrebbero contraddistinguerlo». Secondo i magistrati lucani, insomma, «lente radiotelevisivo pubblico risulta utilizzato dal Sottile come merce di scambio per ottenere ogni tipo di beneficio e di favori compresi quelli di natura sessuale».
GLI OSPITI TV
DI VESPA
Dalle intercettazioni salta fuori anche il nome di Bruno Vespa. «In occasione della partecipazione di Fini alla trasmissione del 9 marzo 2005 - si legge nellordinanza - Vespa si rivolge al portavoce dellinfluente uomo politico per chiedere se gli interlocutori siano di suo gradimento, prospettando in caso contrario la possibilità di cambiarli.
BENEFICENZA
E «BELLE BAMBINE»
Tra le conversazioni intercettate una delle più inquietanti è quella tra Vittorio Emanuele di Savoia e Narducci, risalente al settembre del 2005. I due parlano della possibile partecipazione del «principe» a una manifestazione filantropica organizzata per raccogliere fondi a favore di unassociazione milanese attiva nel dare supporto ai minori vittime di abusi sessuali e maltrattamenti in famiglia. Narducci esordisce esclamando: «Speriamo che ci siano delle belle bambine, così le s...».
E il re dItalia mancato replica pronto: «Subito, sì, urlando!». Un botta e risposta che per i magistrati potentini è «oggettivamente raccapricciante».
QUEGLI INSULTI
«EMBLEMATICI»
Dopo la morte di Calipari ancora Narducci e il Savoia vengono intercettati al telefono mentre parlano del drammatico episodio. Finendo per accanirsi con pesanti insulti contro la giornalista del Manifesto scampata al «fuoco amico» del check point americano. Giuliana Sgrena per Vittorio Emanuele è «quel pezzo di m... di quella vecchia t... malmestruata». «Comunista di m...», la bolla il suo collaboratore. Lepisodio appare comunque decisamente estraneo allinchiesta, ma nellordinanza si legge che «le parole e il tono utilizzati dal Savoia e dal Narducci appaiono emblematici della loro personalità».
UNA FLEBO
PER LERITREA
Un avvocato torinese propone un affare a Narducci, che vorrebbe coinvolgere nel business anche il «capo», che per il pm è Vittorio Emanuele. Il legale sostiene di poter segnalare nominativi di persone intenzionate a investire «cifre rilevanti» per acquistare medicinali come aiuto per lEritrea. «Non dico roba tarocca», precisa però luomo, «ma roba di basso costo, in barba a qualsiasi brevetto». Narducci secondo lordinanza è «entusiasta dellaffare» e vuol contattare Pierpaolo Cerani, imprenditore farmaceutico triestino, proponendogli lacquisto di flebo. Lavvocato insiste: «Però tieni conto che deve essere roba di bassissimo costo perché è per il terzo mondo». Narducci non batte ciglio: «Bassissimo costo! Quella è acqua, acqua e zucchero!».
QUEL GIUDIZIO
SUI SARDI
Lex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che sulloperato di Woodcock aveva già avuto modo di ridire, anche in questa occasione ha espresso cospicue perplessità. Innescando una insolita replica da parte del gip potentino Alberto Iannuzzi: «Se il senatore Cossiga - le parole del giudice - avesse conosciuto il giudizio di Vittorio Emanuele di Savoia sui sardi sono sicuro che non avrebbe detto ciò che ha detto». Il riferimento è, tanto per cambiare, a unaltra intercettazione telefonica tra i soliti interlocutori, lesponente di casa Savoia e il suo collaboratore Narducci, che disquisiscono dei problemi a uno dei motori del motoscafo di Vittorio Emanuele. Il «re mancato» ritiene che sia in panne a causa di un lavoro fatto male dal meccanico sardo che se nera occupato, solo «per derubarci e basta», spiega. I sardi, insiste il «principe», «puzzano e basta». E Narducci non ci va giù leggero: «Sono figli di p... deficienti».
UN REO CONFESSO
SULLE FIRME FALSE
Come si diceva, nelle chiacchiere intercettate cè anche uninaspettata confessione, quella di un consigliere comunale romano, forse candidato alle scorse regionali con la lista Storace, che racconta a Sottile il proprio ruolo nella vicenda delle firme false, definita una «impresa piratesca» per far escludere dalla competizione elettorale la lista Alternativa Sociale di Alessandra Mussolini. «Sono stato io, Salvatore - racconta al telefono parlando con il portavoce di Fini - non si dice in giro perché mi stanno cercando per ammazzarmi...». Come noto, prima delle elezioni regionali, la lista As venne esclusa perché a un controllo delle firme, invece delle 3.500 previste dalla legge, ne furono «certificate» solo 3.368, mentre le altre risultarono false. A segnalare lanomalia allattenzione della commissione elettorale sarebbe stato proprio un candidato della lista dellallora governatore Francesco Storace. E quella segnalazione fu «integrata» da una documentazione sulle irregolarità nelle firme raccolte dalla lista della Mussolini, che sarebbe frutto proprio del lavoro «piratesco» di cui parla il consigliere nellintercettazione.
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