Romeo, impero trasversale con le radici nella politica

Siano pure, per forza di cose, sfumati o labili, i confini dell'impero di Alfredo Romeo, ovvero il grande burattinaio del mondo immobiliare italiano, finito in manette per l'inchiesta sulla delibera Global Service del Comune di Napoli, consentono comunque di tracciare la mappa geo-politica di una sensazionale fortuna. Proviamo dunque a passarlo sotto la lente d'ingrandimento, questo impero.
Cominciando dalla principale società del cinquantacinquenne avvocato campano, la «Romeo Gestioni»: cinquecento dipendenti e un patrimonio immobiliare di 48 miliardi di euro da gestire. Che significa qualcosa come 160 milioni di incassi l'anno. Cuore, nonché centro di smistamento della società è stata, fin dai primi passi dell’attività imprenditoriale di Romeo, ovviamente Napoli. Dove, è storia di ieri, nel 1989 la «Romeo Gestioni» si aggiudicò, per la prima volta in Italia, il censimento e l'amministrazione di un grande patrimonio pubblico, un affare, all’epoca, da 100 miliardi di lire (incarico che venne prorogato per sette anni). E dove, è storia di oggi, la delibera Global service da 400 milioni di euro ha attirato l’attenzione degli investigatori. A Napoli, ha aperto i battenti da pochissimo l’ultimo fiore all’occhiello dell’impero, l’Hotel Romeo, un cinque stelle progettato dal figlio di Kenzo Tange in via Cristoforo Colombo, affacciato sul porto. E a Napoli la «Romeo Gestioni» conta 30mila alloggi pubblici amministrati, per una popolazione totale di 135mila inquilini. Un successo che si è esteso rapidamente anche a Milano, dove il bubbone Romeo è subito scoppiato di rimando. Perché anche a Milano la fetta è piuttosto cospicua: assieme a Edilnord e a Gefi, la «Romeo» gestisce 30mila case popolari del Comune. Un appalto diviso in tre lotti, cominciato nell’ottobre del 2003 che andrà a scadenza a fine 2009. E sulla scia di Napoli e Milano sono altre migliaia gli alloggi popolari complessivamente controllati a Pozzuoli, Firenze, Venezia e Roma. Roma, almeno quanto Napoli, merita un discorso a parte perché anche e soprattutto qui, avvalendosi delle sue amicizie bipartisan, Alfredo Romeo ha esteso la sua rete di attività. Si è assicurato la manutenzione del Quirinale, del Senato e del ministero dell'Economia, ma ha anche esteso il suo rapporto di consulenza e di collaborazione per la gestione di immobili a buona parte degli Enti pubblici che a Roma hanno il loro quartier generale: l'Inps, l'Inpdai, l'Agenzia del Demanio, la Consip e, naturalmente, lo Iacp. Sempre a Roma, alleato con Caltagirone, Alfredo Romeo ha vinto nel 1987 un maxi-appalto per la manutenzione delle strade capitoline. Tradotto in cifre un affare da 576 milioni (quando a Bologna o a Firenze si paga per lo stesso servizio quindici volte meno) distribuito nell’arco di nove anni su una rete di 800 chilometri. Un contratto durato finché il nuovo sindaco Gianni Alemanno, visto il rapporto degli uffici tecnici, che segnalano gravi inadempienze, rompe il contratto a novembre con l'arrivo delle prime piogge che poi hanno messo ko la capitale. La «Romeo Gestioni» è di fatto la sua prima e vera miniera d'oro che, anno dopo anno, ha prodotto un’enormità di utili: oltre 28 milioni nel 2007; mentre con il bilancio del 2006 gliene ha regalati 23 e altrettanti gli ha permesso di raggranellare negli anni precedenti. Usando il segno più negli ultimi 5 anni la sua attività di manutenzione e gestione di case, palazzi e strade del patrimonio pubblico di mezza Italia ha permesso all'imprenditore partenopeo di portare nelle casse della sua azienda oltre 110 milioni di euro. E anche di rimpinguare il suo portafoglio con quel tasso del 20 per cento di utili netti sui suoi ricavi. Una ragguardevole liquidità che gli ha consentito non solo di non avere alcun debito con le banche, ma anche di accumulare un patrimonio di oltre 70 milioni di euro e di collocarne altri 60 milioni su libretti bancari e postali per le piccole spese correnti.
Se vogliamo poi metterci a giocare con le scatole cinesi possiamo passare, o meglio tentare di passare in rassegna le varie imprese controllate da Romeo e da sua moglie Maria Vittoria Parisio Perrotti: c'è la Isvafim Spa, che controlla l'8,3 per cento della società A Casa Aziende Agricole Spa della quale è azionista al 16,7 per cento l'azienda agricola «Allevamento il Girasole» che fa capo ad Antonio Napoli, assessore regionale nella giunta guidata da Antonio Bassolino e quindi nello staff di Massimo D'Alema alla presidenza del Consiglio. Sorpresa: nel portafoglio della Isvafim ci sono anche 50mila azioni di Nomisma, centro studi fondato da Romano Prodi. E poi ancora una quota nella finanziaria milanese «Hat Holding Together» dove Romeo è in buona compagnia fra gli altri dell'imprenditore napoletano Pasquale Graziano, dell'editore Sergio Giunti e della famiglia Fiore.

Poteva mancare qualche piccolo interesse nell’editoria? No, non poteva mancare. Fino allo scorso anno Romeo è stato azionista del quotidiano l'Indipendente, mentre sua moglie conserva ancora un pacchetto di azioni della «Dlm Europa», la società editoriale di Europa il giornale della Margherita.

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