Bella e impossibile. La "Gioconda" in Italia non s'ha da fare

La Lombardia si offre di ospitarla, magari per le Olimpiadi. Ma i costi...

Bella e impossibile. La "Gioconda" in Italia non s'ha da fare

Finché si scherza, da tifosi italiani in trance agonistica per un mondiale vinto ai rigori nel 2006, al grido «E adesso ridateci la Gioconda» qualcuno poteva pure crederci. Sull'onda dell'entusiasmo per il gol di Materazzi, tutto era concesso; anche far diventare quell'auspicio goliardico da tribuna una suoneria per cellulari, e perfino sopportarla con un sorriso compiaciuto quando al collega d'ufficio o al vicino di posto squillava il telefonino sul metrò. Ma dato che il Louvre è davvero in condizioni fatiscenti, come denunciato dalla direttrice Des Cars, la sicurezza dei dipinti del museo simbolo della Grandeur è diventata un affaire di Stato. Macron ieri è stato costretto a prendere l'allarme sul serio. E martedì sarà al Louvre per verificare se le infiltrazioni d'acqua e i problemi di temperatura rilevati dall'Sos siano davvero così gravi da influire sulla conservazione delle opere come spifferato anche dai sindacati.

Ma se l'inquilino dell'Eliseo desidera rispondere così alle preoccupazioni della direttrice - che dovevano restare riservate prima che Le Parisien svelasse la sua lettera alla ministra della Cultura - in Italia c'è chi è tornato a parafrasare quel refrain: ridateci la Gioconda. Pur con tono istituzionale, l'assessore alla Cultura della Regione Lombardia, Francesca Caruso, ha lanciato una provocazione a Parigi: «In attesa delle decisioni del governo francese, riguardo a spostamenti o ristrutturazioni, in Lombardia siamo ben lieti di ospitare questa opera». In particolare, «in vista delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026». Monna Lisa fa gola. Ma prim'ancora che si conosca il destino del dipinto, a cui la direttrice da un anno cerca un'altra sistemazione dentro il Louvre, la possibilità che Gioconda possa sgranchirsi le membra altrove rimane piuttosto remota.

D'altronde, già in Francia c'è stato un momento in cui una ministra pensava che fosse semplice mandare Monna Lisa in tour. Anche se l'enigmatica dama è una star capace di attirare 20mila spettatori al giorno, e invecchia bene come Mick Jagger, diciamo che non ha la stessa capacità di affrontare viaggi e notti a dormire in camion o aereo. Era il 2018 quando Françoise Nyssen sognava di presentare la Gioconda al Louvre di Lens, facendola passare attraverso prati, stagni e boschi di betulle. Voleva portare i capolavori nella Francia profonda: e pure lì i tifosi della squadra di calcio sollecitarono il «prestito». Gli ultras del Lens sventolarono un maxi-striscione con la Gioconda, convinti che il sorriso della Signora Lisa Gherardini avesse il potere taumaturgico di risollevare il morale e rilanciare l'economia. Macron, nato lui stesso nel nord, sostenne l'idea. Ma quando si presentò il conto decise di lasciare i tifosi a bocca asciutta e la ministra ripiegò su dipinti minori per la tournée. La simulazione realizzata dal Louvre parlava chiaro: un prestito per tre mesi, a un museo di provincia dell'Esagono, costerebbe tra i 30 e i 35 milioni di euro. Almeno 2 solo per l'assicurazione. Altri 2-3 per una teca speciale, oltre alla progettazione e realizzazione di una «parete porta-quadri» con doppio dispositivo che garantisca la stabilità della temperatura per la tela. Si dovrebbe in sostanza creare un prototipo in grado d'assorbire le vibrazioni. Cifre a cui si sommerebbero da 1 a 2 milioni per il trasporto, spese per la scorta a Monna Lisa, dispositivi di sicurezza, sorveglianza umana ed elettronica. Costi astronomici e rischi da mettersi il cuore in pace. Quella stima vale tuttora. E infatti nessuno ha più pensato di far fare una passeggiata alla Gioconda neppure sul cortile del Louvre. L'ultima volta nel 1974, tappe a Mosca e Tokyo (dove fu imbrattata da un attivista); nel '63 New York e Washington. Nel 2019 è stata brevemente spostata per ridipingere la sala per la mostra dedicata al genio toscano. Ieri pure Natalia Strozzi, discendente di Monna Lisa, ha simpatizzato per la proposta dell'assessore, restando però con i piedi per terra. Solo il Louvre può decidere: «Del resto Leonardo la vendette al re di Francia, quindi è giusto che rimanga a Parigi e non ritorni nel nostro Paese», dice Strozzi, auspicando che si possa spostarla in un ambiente più idoneo alla fama. Nel frattempo, senza fornire dettagli sugli annunci che Macron farà martedì, l'Eliseo promette un «grande progetto presidenziale» per il Louvre (e la Gioconda): «È un simbolo della Francia, una fonte di orgoglio francese e sarebbe un fallimento restare sordi e ciechi di fronte ai rischi che gravano oggi sul museo».

Monna Lisa se la ride: blindata durante la Seconda guerra dopo il rocambolesco furto del 1911 (il Peruggia provò senza successo a «venderla» agli Uffizi dopo averla tenuta in ostaggio nel suo appartamento parigino); poi guardata a vista dai restauratori. Indefessi l'hanno difesa dalla manifesta «fatiscenza» del Louvre e dai flash, senza nulla potere per arginare la leggenda fasulla del furto di Napoleone. Si è incollata alle menti. Agli stadi. E talvolta riaccende pure le Regioni.

La verità? Leonardo stesso portò il dipinto Oltralpe nel 1516. Luigi XIV nel 1685 ordinò: tela a Versailles. Dopo la Rivoluzione, nel 1797, Louvre. Bonaparte la volle «solo» nella sua camera da letto, nel 1800. E nel 1804 tornò al Louvre.

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