Perché sbadigliare è contagioso: ecco lo studio che ne svela i motivi

Un’indagine guidata da studiosi dell'Università di Bologna ha messo in luce nuove evidenze su come il cervello regola l'imitazione automatica. I risultati potrebbero portare ad applicazioni terapeutiche per pazienti con alterazioni neurologiche e disturbi nella sfera della socialità

Perché sbadigliare è contagioso: ecco lo studio che ne svela i motivi
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Sbadiglia tu che sbadiglio anch’io. Si potrebbe dire così perché lo sbadiglio è contagioso. Inutile tentare di resistere. Anzi, il desiderio di sbadigliare tanto più cresce quanto più si cerca di annullarlo. E l’effetto trascinatore dello sbadiglio non riguarda solo gli esseri umani, ma anche gli animali.

Alcuni anni fa gli esperti del Birkbeck College dell'Università di Londra avevano verificato che il “contagio” si trasmette anche da uomo a cane.

Ora un gruppo di ricerca internazionale guidato dagli studiosi dell'Università di Bologna ha rivelato nuovi meccanismi alla base del comportamento imitativo.

Lo studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), ha messo in luce nuove evidenze su come il cervello regola l'imitazione automatica, un comportamento alla base di molte interazioni sociali complesse.

Cane che sbadiglia

Cos'è il comportamento imitativo

La ricerca è stata realizzata nel Centro studi e ricerche in neuroscienze cognitive del dipartimento di psicologia "Renzo Canestrari" dell’Università di Bologna.

Il gruppo di studiosi ha indagato i meccanismi neurali alla base del comportamento imitativo. Quest’ultimo è un fenomeno che facilita l'interazione e la coesione sociale e permette alle persone di sintonizzarsi inconsciamente con gli altri.

"I risultati che abbiamo ottenuto aprono nuove strade per comprendere come la plasticità cerebrale può essere manipolata per aumentare o ridurre comportamenti imitativi e rendere le persone meno sensibili alle interferenze durante l'esecuzione di compiti" afferma in una nota Alessio Avenanti, professore dell'ateneo e coordinatore dello studio. “Da qui – aggiunge - potrebbero nascere applicazioni terapeutiche per migliorare la prestazione cognitiva in pazienti con alterazioni neurologiche e disturbi nella sfera della socialità".

Come funziona

Allenamento di calcio

Il comportamento imitativo può influenzare le relazioni interpersonali e le dinamiche di gruppo. Il fenomeno può avere però anche risvolti negativi e va spesso controllato. Un chiaro esempio viene dal mondo del calcio: per riuscire a parare un rigore, un portiere deve inibire l’imitazione dei movimenti dell'attaccante.

"L'imitazione automatica - conferma Sonia Turrini, assegnista di ricerca e prima autrice dello studio - è un comportamento pervasivo nella vita quotidiana. Pensiamo a quando vediamo qualcuno sbadigliare e immediatamente sentiamo l'impulso di fare lo stesso, o quando notiamo il nostro linguaggio o le nostre espressioni facciali adattarsi a quelli di un amico con cui stiamo parlando".

Comprendere i meccanismi alla base di questo fenomeno, sottolinea l’autrice, può quindi fornire nuove prospettive sul comportamento sociale.

Una tecnica avanzata di stimolazione cerebrale

Il sistema motorio è costantemente coinvolto durante l’imitazione automatica di azioni, espressioni facciali e linguaggio. Resta però ancora da chiarire quale sia il ruolo preciso e potenzialmente distinto dei diversi circuiti cortico-corticali.

Per fare luce su questo aspetto, gli studiosi hanno utilizzato una tecnica avanzata di stimolazione cerebrale non-invasiva, chiamata "stimolazione appaiata associativa corticocorticale" (ccPAS), sviluppata anche con il contributo del gruppo di ricerca del prof. Avenanti.

"Rinforzando o indebolendo temporaneamente la comunicazione tra diverse aree del sistema motorio – spiega quest’ultimo - siamo riusciti a stabilire con precisione il ruolo causale di diversi circuiti nel facilitare o arginare il fenomeno dell’imitazione automatica".

L'esperimento

ricerca

Lo studio ha coinvolto 80 partecipanti sani suddivisi in quattro gruppi, ciascuno sottoposto a un diverso protocollo di ccPAS. Ogni partecipante ha eseguito due compiti comportamentali, uno di imitazione volontaria e uno di imitazione automatica, sia prima sia dopo il trattamento stimolante.

L'obiettivo era testare se la manipolazione della connettività tra aree frontali influenzasse l'imitazione automatica e volontaria.

I risultati hanno rivelato che diversi circuiti del sistema motorio servono funzioni sociali differenti e dissociabili e che la direzione della stimolazione e l'area bersaglio influenzano diversamente i circuiti neuronali coinvolti nell'imitazione.

"Abbiamo visto – sono le parole di Sonia Turrini - che rinforzare la connettività tra l’area premotoria ventrale e la corteccia motoria primaria aumenta la tendenza ad imitare automaticamente il comportamento altrui. Ridurla ha invece l’effetto opposto.

E al contrario, la corteccia supplementare motoria sembra avere un ruolo di controllo cognitivo sul sistema motorio. Rafforzare la sua connettività con la corteccia motoria primaria induce infatti una maggiore capacità di evitare l’imitazione quando questa è inadeguata al contesto".

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