
Lo scontro tra governo e Procura di Roma si riaccende con l'indagine per «tentato peculato» nei confronti dell'ad di Sogei Cristiano Cannarsa, accusato di aver voluto favorire una manager «amica». Una robina da un milione di euro nella società informatica privata a capitale pubblico che fattura un miliardo all'anno, controllata dal ministero dell'Economia e delle Finanze che ha in cassaforte tutti i dati degli italiani, lavora con la Pubblica Amministrazione, le Agenzie fiscali e il Mef e ha un ruolo centrale nella gestione dei dati e delle infrastrutture finanziarie dello Stato.
A sussurrare l'inghippo ai pm romani Gianfranco Gallo e Lorenzo Del Giudice sarebbe stato l'ex dg Paolino Iorio, arrestato il 15 ottobre scorso per corruzione perché pizzicato con 15mila euro di tangente per pilotare alcuni appalti. La Gdf di buon mattino ha perquisito gli uffici e l'abitazione di Cannarsa, che si dice «fiducioso». L'inchiesta nasce per l'affidamento di un appalto (mai realizzato) in materia di servizi informatici alla società Deas Difesa e Analisi Sistemi Spa dell'imprenditrice Stefania Ranzato per 1,9 milioni di euro. Secondo la procura di Roma, internalizzando il servizio, Sogei avrebbe potuto risparmiare 2-300mila euro. Anche la Deas, che si occupa di cyber sicurezza, è stata perquisita dalle Fiamme gialle di Roma. «Sul mio telefonino potrete rinvenire le chat tra me e Cannarsa nel corso delle quali quest'ultimo tendeva a mortificare i miei collaboratori e ad avvantaggiare la Deas per lo sviluppo del settore della cybersecurity», avrebbe detto Iorio ai pm il 10 dicembre scorso.
La gara sarebbe stata comunque gestita in ambiente Consip, la società degli appalti pubblici di cui Cannarsa - ingegnere meccanico - è stato anche ad dopo un lungo periodo in Cdp e Terna. Come il manager, anche la società (estranea a qualsiasi illecito) ha manifestato «piena fiducia» e volontà collaborazione con le indagini. «Seppi a settembre dall'allora dg che su richiesta di Cannarsa avrebbe dovuto fare un contratto con Deas per l'importo di 1,6 milioni di euro per una piattaforma di gestione di un sistema documentale attraverso il ricorso alla Ai generativa che, per la mia esperienza, poteva essere realizzato con non più di 200mila euro», aveva aggiunto l'ex manager Iorio in carcere, secondo cui nel suo cellulare ci sarebbero ulteriori prove.
Per comprendere fino in fondo la natura dei rapporti tra la Ronzato e Cannarsa bisognerà incrociare queste dichiarazioni con quelle dei due indagati, sebbene sembrerebbe che di questa possibile influenza della manager sull'ad si parlasse da tempo in azienda. L'obiettivo era aumentare il valore di Deas, contesa sia dalla Maticmind di Carmine Saladino sia dal colosso della Difesa Leonardo. A convincere i magistrati ci sarebbe anche una intercettazione ambientale con l'ufficiale di Marina Antonio Angelo Masala, captata lo scorso giugno. L'ufficiale è indagato nel filone Iorio assieme all'azienda Olidata e al referente di Elon Musk in Italia, Andrea Stroppa. La Ranzato era stata anche accostata in passato al ministro della Difesa Guido Crosetto dal quotidiano Il Domani, che aveva sollevato sospetti sul boom di appalti della Deas e sull'amicizia tra il ministro e Saladino.
Una bella grana per il governo, basata su un reato piuttosto atipico come il «tentato peculato» che
potrebbe non sopravvivere al processo. Ma tanto basta per turbare i sonni di Palazzo Chigi, nel bel mezzo dello scontro sull'intelligence con la Procura di Roma per i casi Paragon e la mancata cattura del libico Almasri.
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