La Francia ha dichiarato guerra agli influencer dell'odio che vivono nell'Esagono. Sono già sette i fermati dal 3 gennaio, tutti di nazionalità algerina; e non senza conseguenze diplomatiche tra i due Paesi, ai ferri corti per il lungo elenco di «ospiti» che Parigi vorrebbe espellere rapidamente (finora senza successo). Ieri mattina, l'ultimo pizzicato dalle autorità è stato fermato nel cuore di Parigi: appartamento perquisito, pc e dispositivi digitali sequestrati. Si tratta di Rafik Meziane, alias Dj Rafik. A poche ore da quello che sembrava un successo (l'ennesimo arresto in pochi giorni, alcuni per apologia del terrorismo) si è innescato un cortocircuito: un durissimo j'accuse da parte della procura. Bacchettata delle toghe al ministro, accusato d'aver diffuso «in modo prematuro» l'entità del fermo, e precisazione sui fatti: l'influencer è «presunto innocente» e «solo l'autorità giudiziaria è autorizzata a intervenire su procedimenti giudiziari in corso».
Bruno Retailleau, su X, aveva comunicato che Dj Rafik incitava a commettere «atti di violenza sul territorio francese» attraverso il suo account TikTok da 36mila follower, sospeso nel frattempo; una riprova del fatto che il repulisti in rete annunciato dopo il primo cdm proseguiva senza ripensamenti anche col nuovo governo. Poche ore dopo, l'influencer è stato invece liberato; perché le sue condizioni di salute non permettevano di tenerlo agli arresti. Da giorni il ministro fa proclami sulla caccia agli attori del web impegnati in campagne anti-francesi che si rivolgono alla comunità algerina residente in Francia, col sospetto che alcuni siano fomentati dallo Stato di provenienza. Per Retailleau, «Internet non è una zona franca, bisogna scegliere, l'interesse superiore della nazione o assecondare i benpensanti». L'alert dalla procura è stato però un fulmine a ciel sereno. Una rarità assoluta.
Secondo i retroscenisti, l'accaduto cela la battaglia tra il Guardasigilli e il titolare dell'Interno, il macroniano Darmanin contrario a esacerbare un clima tesissimo con Algeri già dall'estate scorsa, quando l'annuncio del sostegno di Parigi al piano di autonomia del Marocco per il territorio conteso del Sahara Occidentale ha fatto piombare i rapporti ai minimi storici, e un Retailleau per cui «niente, neppure alcun dolore della storia, dà all'Algeria il diritto d'offendere la Francia». Pochi giorni fa Algeri ha irritualmente rispedito in Francia l'influencer Boualemn appena espulso da Parigi.
Retailleau ha perso le staffe, aprendo un vulnus diplomatico e sfidando l'approccio più soft del collega.
Ha annunciato di voler rivedere il protocollo d'intesa con Algeri, se non collabora, confermando l'annunciata stretta sull'immigrazione illegale. La cacofonia dei due rischia di stravolgere i propositi. E non è la sola nel governo.
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