!["Impeccabile da mattina a sera. Così è l'abito pensato per lei"](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/15/1739602013-ajax-request.jpg?_=1739602013)
Da oltre un secolo il nome LUBIAM (acronimo di Luigi Bianchi Mantova) è sinonimo di abbigliamento sartoriale maschile prodotto nella città dei Gonzaga. Adesso i discendenti di questa solida realtà imprenditoriale italiana hanno deciso di vestire anche le donne con la linea L.B.M. 1911. Ne parliamo con Giovanni Bianchi, amministratore delegato dell'azienda con il fratello Edgardo e responsabile dell'ufficio stile.
Questa collezione è la costola del vostro uomo?
«Direi proprio di no. Anche se ruota attorno a giacche, pantaloni e trench che da sempre fanno parte del mondo maschile, è una linea pensata per il corpo e le esigenze delle donne».
Il Generale De Gaulle diceva che tra l'uomo e la donna c'è una differenza, evviva la differenza. In cosa differisce il suo lavoro sul guardaroba femminile?
«Richiede più attenzione ai dettagli. Prendiamo i bottoni, nell'abito maschile si pensa prima di tutto alla funzione, invece nella donna l'estetica ha la stessa importanza per cui un bottone è visto quasi come un gioiello, devi cercare il più bello e il più particolare che ci sia. Cambiano anche i materiali, più leggeri e fluidi».
Insomma vestire un uomo è più facile?
«A livello di volumi è sicuramente più standard. La donna ha forme e linee diverse per cui dobbiamo scegliere tessuti più elastici e confortevoli per vestire un maggior numero di persone e fisicità».
Per gli uomini esiste il cosiddetto drop, non potete applicarlo anche alle donne?
«Dal punto di vista tecnico il drop è la differenza tra la misura del torace e quella della vita. Un uomo taglia 48 può avere drop 8 se è snello e drop 4 se ha la pancia. In una donna questi parametri saltano per via del seno».
Come ve la siete cavata?
«Abbiamo lavorato tantissimo sulla vestibilità. Per fortuna la nostra è un'azienda al femminile: le nostre dipendenti ci hanno aiutato a capire l'infinita varietà di forme ed esigenze delle donne di oggi. Siamo famosi per vestire qualunque tipo di fisicità maschile, molto spesso con un effetto per così dire cosmetico, non potevamo fare una giacca da donna che stesse bene solo alla 40 slim: ci sembrava scorretto dal punto di vista etico e poi era troppo poco per la nostra tradizione sartoriale».
Quindi quante taglie vestite?
«Per ora sei, dalla 38 alla 48 ma stiamo pensando di arrivare alla 50: abbiamo tante richieste in questo senso da alcuni mercati tipo quello americano. Il punto comunque non è tanto la taglia quanto la vestibilità che ottieni costruendo i capi in sartoria. Su questo abbiamo tanta storia alle spalle compresa un'importante collaborazione con la sartoria Domenico Caraceni di Milano in cui si era vestito perfino Edoardo VIII d'Inghilterra prima di rinunciare al trono».
Che tipo di donne volete vestire?
«Le professioniste che devono essere in ordine dal mattino alla sera. Abbiamo cambiato tante cose ma non i colori: per la prossima estate anche alla donna proponiamo i toni del sabbia e del bianco oltre a una sfumatura molto sofisticata di ruggine. In più c'è il nero, irrinunciabile nel guardaroba femminile. C'è anche una fantasia floreale molto sobria e discreta ma personalmente preferisco i nostri gessati: slanciano che è una meraviglia».
Come la mettiamo con il momento di crisi che sta vivendo il mondo della moda?
«I clienti all'inizio erano cauti ma ci stanno già chiedendo di riassortire e questo vuol dire che hanno trovato la qualità e il prezzo di cui avevano bisogno».
Cosa avete rubato all'uomo per la vostra donna?
«Le cintelle sartoriali, ovvero la
cintura interna del pantalone. Di solito nei modelli da donna non ci sono, hanno una costruzione un po' più povera. Noi le mettiamo in alto, all'interno del punto vita, una finitura di pregio che le clienti apprezzano molto».
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