«Qual è la nostra colpa? Aver semplificato una normativa che prende origine da una legge del 1942 in un Paese in cui l'accusa generale è di essere troppo lenti e burocratici? Perché questo è il punto». Il sindaco di Milano Beppe Sala interviene (in collegamento) alla Commissione Ambiente del Senato che ieri ha avviato le audizioni sul ddl «salva Milano» - «Disposizioni di interpretazione autentica in materia urbanistica ed edilizia» - che serve a sbloccare l'urbanistica milanese impantanata dalle inchieste. E fissa subito alcuni punti. «Non abbiamo mai fatto nessun favore e non c'è nessun sospetto che qualche dirigente abbia avuto qualche interesse personale», «non chiediamo un salvacondotto o un liberi tutti». Nel mirino dei pm c'è il via libera a progetti urbanistici con lo strumento più rapido della Scia (permesso a costruire) invece dei piani attuativi. Sala spiega che «con il Piano di governo del territorio del 2012 e poi del 2020 abbiamo di fatto anticipato i vincoli, esaminando ciò che era possibile realizzare nelle varie zone e con un dibattito lungo e approfondito in Consiglio. Questo per 13 anni ha evitato di ripetere l'analisi caso per caso. I piani attuativi restano in vigore per interventi sopra i 20mila metri quadrati». Ora «c'è un intervento della Procura, totalmente legittimo, c'è stata una decisione del Tar su un progetto ma stiamo aspettando il Consiglio di Stato». Una sfida? Precisa che «non siamo sordi ai richiami che vengono fatti e non ci siamo posti in una difesa granitica, anche se agiamo così da 13 anni. Abbiamo già avviato i lavori per un nuovo Pgt che dovrà considerare ciò che la Procura ha rilevato e quello che il dibattito pubblico ci sta dicendo». In questa frase starebbe la soluzione dell'impasse.
Alla Camera M5S e Verdi e Sinistra hanno bocciato la proposta ma è passata quasi in scioltezza coi voti di centrodestra e Pd. Dopo la lettera-appello firmata da 140 professori, urbanisti, giuristi contro il ddl, in Senato sono spuntati dubbi tra i dem e proposte di emendamento che costringerebbero a tornare alla Camera con tempi ed esiti incerti. Sala e il presidente di Anci Gaetano Manfredi si sono sentiti in questi giorni e hanno condiviso la linea per convincere gli indecisi Pd. Manfredi parla in commissione dopo Sala e traduce: «L'auspicio è che la norma possa essere considerata transitoria e che, per garantire l'equilibrato bilanciamento degli interessi in gioco, si proceda a una successiva e rapida riforma organica della materia. È importante dare certezza nell'interpretazione, per evitare il protrarsi della paralisi edilizia, e poi avviare subito l'iter per una legge quadro nazionale che garantisca in maniera univoca le procedure, evitando che le decisioni siano prese nelle aule dei tribunali» e «a migliore garanzia che non ci siano usi distorti del Salva Milano».
Il rischio deregulation sollevato appunto da qualche senatore dem. Un «patto» che però andrà assunto in maniera bipartisan ma senza emendamenti, per scongiurare il ritorno alla casella di partenza.
Sala evidenzia le perdite per il Comune (165 milioni di oneri di urbanizzazione persi nel 2024), i 3mila posti di lavoro in meno nel settore, alcune centinaia di famiglie che non possono fare il rogito e entrare nelle loro case». Sottolinea invece i «20 milioni di metri quadri rigenerati» grazie a procedure più snelle. Se il parere del Senato fosse negativo «dovremo trovare un'altra soluzione, Milano ha sempre cercato di salvarsi da sola» ma auspica «larga convergenza» e «il testo votato alla Camera è esaustivo». FdI con Sandro Sisler alza la posta: «La norma va votata da tutti i partiti che la sostengono a Milano». Impossibile che Sala riesca ad arruolare Avs. La presidente Assimpredil-Ance Regina De Albertis in commissione condivide il testo già approvato e avverte: «La situazione edilizi a Milano è ormai praticamente bloccata da un anno e mezzo, inspiegabilmente anche interventi che non presentano risvolti critici.
Da quest'anno in avanti vedremo una drastica perdita di occupazione, la progressiva estinzione di un realtà artigiane e imprenditoriali, l'offerta di case nuove e sociali ridotta al minimo se non azzerata a fronte di una domanda molto forte. E questo si rifletterà sui prezzi di vendita».
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