La sorpresa del Dragone che imbarazza Washington

Lo choc alla scoperta che la startup cinese con mezzi meno avanzati e costi irrisori compete coi giganti Usa

La sorpresa del Dragone che imbarazza Washington
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Donald Trump l'ha definito una «sveglia» per l'industria Ia americana. Per altri, è un «momento Sputnik», lo choc che gli Stati Uniti, colti completamente di sorpresa, subirono nel 1957 al lancio del primo satellite artificiale sovietico. La scoperta che un'oscura startup cinese, DeepSeek, è in grado di competere con i giganti americani nella conquista della nuova frontiera dell'Intelligenza Artificiale, disponendo di strumenti meno avanzati (i chip) e ad una frazione dei costi (5,5 milioni di dollari) ha fatto crollare il Nasdaq e gettato nel panico la Silicon Valley. E, presumibilmente, anche gli addetti alla sicurezza nazionale.

Alcuni numeri per spiegare lo choc: Microsoft ha annunciato investimenti di 80 miliardi di dollari; alla Casa Bianca, Trump ha recentemente annunciato una joint venture tra OpenAI, Oracle SoftBank da 500 miliardi. Per questo Meta (Facebook) ha già creato tre «war room» di ingegneri che stanno vivisezionando l'R1, il modello di intelligenza artificiale che DeepSeek ha reso pubblico e che in breve è diventato l'app di intelligenza artificiale più scaricata dallo store Apple Usa. Il modello cinese non è necessariamente «meglio» dei rivali americani (Meta, Microsoft, Google, OpenAI), non ancora almeno. Ma, pur prendendo con le molle il documento di 22 pagine con il quale DeepSeek si è presentata al mondo la scorsa settimana e la cifra di appena 5,5 milioni di dollari che sarebbe stata spesa per lo sviluppo di R1, il chatbot cinese è decisamente più efficiente. E al momento, appare purtroppo trascurabile che il chatbot cinese sia inevitabilmente soggetto alla censura di Stato: se gli si chiede dei fatti di Piazza Tienanmen, non risponde.

Un investitore della Silicon Valley, Neal Khosla (OpenAI), su X ha scritto che l'«operazione DeepSeek» è stata orchestrata dalla Cina «per rendere l'intelligenza artificiale americana non redditizia, fingendo che i costi siano bassi. Non abboccate». Nessuno gli ha dato retta. Il boss di DeepSeek, Liang Wenfeng, ora celebrato in patria come un eroe dell'ingegno cinese, ha dovuto fare di necessità virtù. Non disponendo degli enormi capitali Usa, né dei chip Nvidia più avanzati, gli H100, il cui export in Cina è vietato, ha sviluppato un nuovo approccio, privilegiando la ricerca, studiando accuratamente i modelli dei rivali Usa e istruendo i propri modelli in maniera innovativa. Non solo programmatori, ma anche poeti e umanisti reclutati nelle migliori università del Paese, sono stati chiamati ad addestrare l'Ia made in China. E poi, lo sviluppo «open source», che è già stato la chiave vincente per il successo dei software per pc e di Internet.

DeepSeek non solo è uno choc per gli Usa e la loro convinzione di essere ancora parecchi anni avanti rispetto ai cinesi nello sviluppo dell'Ia, ma è anche una bocciatura dell'approccio seguito dall'amministrazione Biden. Lo stop all'export dei chip più avanzati non è evidentemente servito. La pretesa di limitare il mercato dell'Ia a pochi giganti, scoraggiando le startup, aveva lo scopo di controllare la nuova tecnologia, ma frenava l'innovazione. DeepSeek ne è la prova. Spetterà ora alla nuova Amministrazione ridefinire le regole.

Quanto alla Ue, finora si è distinta solo per la sua capacità di regolamentare il rischio, varando il Data Act, il Data Governance Act e l'AI Act. Intenzioni nobili che però, come spesso accade con le leggi europee, frenano le aziende. Per il resto, nessuna capacità di sviluppare una propria tecnologia di intelligenza artificiale.

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