
Bergoglio e l'America, un amore mai sbocciato. La settimana appena trascorsa ha visto l'apice della tensione tra la Santa Sede e gli Stati Uniti con la dura lettera di Francesco ai vescovi americani contenente "il suo dissenso verso qualsiasi misura che tacitamente o esplicitamente identifica lo status illegale di alcuni migranti con la criminalità". Nel mirino del Papa è finito il "programma di deportazioni di massa" - così lo ha chiamato nel documento - portato avanti dall'amministrazione Trump. Al di là della formalità, la reazione dell'episcopato a stelle e strisce, in ogni caso, non è stato entusiasta. Buona parte dei vescovi non intendono andare allo scontro con il presidente repubblicano che in termini di libertà religiosa e tutela della sacralità della vita dà più garanzie dal cattolico Joe Biden. Questa sensibilità ridotta sul tema migranti ha accelerato un'operazione che Bergoglio ha in mente da tempo in relazione all'episcopato americano, approfittando dei pensionamenti di diversi vescovi per sostituirli con profili a lui più congeniali.
La nuova "infornata" di nomine
Subito dopo l'invio della lettera sulle cosiddette deportazioni, Francesco ha pensato bene di mettere mano al dossier nomine per ridisegnare a sua somiglianza una parte dell'episcopato americano. Un cambio emblematico è avvenuto nell'arcidiocesi di Detroit dove il Papa ha accettato le dimissioni del 76enne Allen H. Vigneron con il 65enne Edward Weisenburger. Congedato un vescovo d'orientamento conservatore, liberale con la celebrazione della messa in latino, autore di una preghiera pubblica al Right to Life of Michigan nel 2020 durante cui era stata appoggiata la candidatura di Donald Trump, Bergoglio ha nominato un successore sostenitore di sanzioni canoniche, tra cui la scomunica, per quei cattolici coinvolti nelle politiche anti-immigrazione del tycoon. Sempre in questa settimana, Francesco ha nominato altri tre vescovi: a Norwich monsignor Richard F. Reid, a Sioux City don John E. Keehner e a Cincinnati monsignor Robert G. Casey. Niente ulteriori proroghe ai 76enni Dennis M. Schnurr e Ralph Walker Nickless. Tra le nuove nomine, quella di Robert G. Casey ad arcivescovo di Cincinnati mostra l'influenza di cui dispone il cardinale Blase Joseph Cupich, arcivescovo di Chicago. Casey era infatti il suo ausiliare. Nonostante le elezioni di questi anni per il presidente della Conferenza episcopale Usa abbiano messo in evidenza che Cupich e la sua corrente ultraprogressista sia minoritaria nell'episcopato americano, il presule può contare sulla totale fiducia del Papa. Sempre di questi giorni sono le dimissioni presentate dal cardinale conservatore Timothy Michael Dolan per il compimento dei 75 anni. Se non ci saranno proroghe, la scelta del nuovo arcivescovo di New York darà un'indicazione decisiva per il futuro della Chiesa americana.
I cattolici trumpiani
Se il Papa punta a condizionare la Chiesa a stelle e strisce con le nomine dei vescovi, deve però fare i conti con il consenso crescente tra la maggioranza dei cattolici americani per le politiche invise di Donald Trump. E i cattolici che rivestono un ruolo nell'amministrazione repubblicana, di fronte agli attacchi papali e le intemerate dei vescovi a lui più vicini come Cupich, non sembrano voler piegare il capo. Il cattolico Tom Homan, voluto da Trump alla guida dell'agenzia responsabile per il controllo delle frontiere e dell'immigrazione, ha replicato a muso duro alle critiche del Papa invitandolo a "concentrarsi sui suoi problemi e sistemare la Chiesa cattolica e lasciare a noi i problemi di confine" ed ha ricordato il muro che circonda lo Stato del Vaticano. Anche il vicepresidente JD Vance non è parso affatto turbato dalla correzione che il Papa ha fatto nella lettera ai vescovi ad una sua citazione della dottrina dell'Ordo amoris secondo cui l'amore per la famiglia, per il vicino e per il proprio Paese viene prima di tutto. Alla Munich Security Conference il numero due cattolico di Trump ha criticato il Regno Unito per aver mandato a processo un attivista pro-life colpevole di aver pregato silenziosamente davanti ad una clinica dove si praticavano aborti ed ha lamentato la violazione di libertà di parola e religiosa in legislazioni come quella scozzese. Infine il vicepresidente Usa ha chiuso il suo intervento menzionando Giovanni Paolo II definito “uno degli straordinari campioni della democrazia" ed ha citato il "non abbiate paura" del Papa che più di tutti aveva plasmato la vecchia generazione di vescovi americani.
Sui social le parole di Vance hanno entusiasmato i cattolici americani, molto più della lettera anti-Trump del Papa che la popolare giornalista cattolica del New York Post Miranda Devine, recentemente autrice di un'intervista al presidente americano, ha considerato "segnata da una selettività ideologica e da un po' di umanitarismo sentimentale che ha minato lui e l'autorità del suo ufficio".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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