
Una sentenza controcorrente. Lo scorso 13 febbraio, il Tribunale di Crotone ha respinto perché improcedibile il ricorso che la nave Ong Humanity 1 aveva presentato contro il fermo amministrativo disposto da capitaneria, questura e Gdf di Crotone il 2 dicembre 2023 per violazione del decreto Cutro. In pratica, non avendo obbedito alle indicazioni fornite dalle autorità libiche, e scegliendo di interferire con le operazioni di salvataggio già in atto da parte di una motovedetta del Paese nordafricano, l'imbarcazione dell'Ong avrebbe causato una «situazione di pericolo».
La sentenza è diametralmente opposta rispetto a quella con cui, a giugno 2024, un altro giudice dello stesso tribunale civile di Crotone aveva invece annullato un fermo amministrativo della nave Humanity 1, «stoppata» a marzo sempre per aver ostacolato il soccorso dei migranti da parte di una motovedetta libica. In quel caso, per il giudice calabrese l'intervento di personale armato libico non era configurabile come operazione di salvataggio, e quindi la Humanity non avrebbe posto in essere «condotte ostative» ma sarebbe stata la sola a prestare soccorso ai migranti.
Stavolta il giudizio è ribaltato. Il giudice, Alfonso Scibona, ricorda infatti come il 30 novembre 2023 la nave tedesca era piombata, preceduta da un sorvolo di un aereo della stessa Ong, nel bel mezzo di una «vera» operazione di salvataggio in corso da parte di una motovedetta libica, che si era avvicinata con ogni cautela a un gommone in difficoltà con 90 persone a bordo e il cui personale, non armato, stava caricando i migranti sulla propria imbarcazione. Per il giudice, da censurare è invece la condotta del comandante della Humanity 1. Che prima si avvicinava all'area «nonostante le numerose chiamate radio con le quali la vedetta libica ordinava di tenersi a distanza per non creare intralcio alle operazioni di salvataggio», poi «intimava arbitrariamente» alla stessa motovedetta «di interrompere l'attività di pull back verso la Libia», e infine ignorava la richiesta della centrale operativa italiana di coordinamento del soccorso in mare di «attenersi alle istruzioni delle autorità libiche». Insomma, il comandante ha «esso stesso causato il paventato stato di pericolo, sollecitando i migranti a gettarsi volontariamente in mare» per poi recuperarli e portarli in Italia, «eludendo il controllo, l'intervento e gli accertamenti dell'autorità nazionale», scrive il giudice.
Ricordando che la motovedetta libica stava solo eseguendo quanto previsto dal Memorandum d'Intesa Italia-Libia per il contrasto all'immigrazione illegale, e rimarcando che è «esclusa la possibilità» per le Ong di «sindacare la legittimità dell'operato» degli Stati o di imporre loro direttive, avendo solo una funzione di «sensibilizzazione, informazione e solidarietà». Ma la Ong già annuncia ricorso.
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