"Siamo completamente soli ad affrontare questo problema e non riceviamo nessun aiuto dall’Unione Europea", ci dice il sindaco Lazslo Toroskay, mentre nel suo ufficio ci mostra i passaporti e i documenti rinvenuti nella foresta, quasi tutti appartenenti a cittadini kosovari
La confessione choc: "L'Isis prende soldi per fare la guerra in Siria"
Sono tutti uomini, dai 20 ai 40 anni, musulmani sunniti, probabilmente, date le barbe lunghe. Sono piuttosto malconci e uno di loro ha visibilmente un braccio rotto. Dicono di essere in cammino da tre mesi e una settimana: dalla Turchia si entra in Grecia per un breve tratto e poi su per la Macedonia e la Serbia, senza incontrare nessun ostacolo. Gli chiedo perché vogliono entrare nell’Unione Europea e dove vogliono andare: “In Italia, a Bologna”, mi risponde deciso senza pensarci due volte
Da questa foresta che divide l’Ungheria dalla Serbia nei pressi della cittadina di Ásotthalom passano indisturbati migliaia di migranti che da Afghanistan, Pakistan, Medio Oriente, Nord Africa e Sahel arrivano in Europa
Siamo a Ásotthalom, un comune di 4.000 abitanti che da circa un anno è salito all’onore delle cronache per essere diventato il crocevia di transito di centinaia di migliaia di migranti che da Afghanistan, Pakistan, Medio Oriente, Nord Africa e Sahel, attraversano i Balcani e, nascosti tra la fitta vegetazione, entrano nell’Eurozona. Zoltán, 24 anni è uno dei tre ragazzi che il sindaco di Ásotthalom, Lazslo Toroskay, ha assunto per vigilare sulla frontiera ungherese