Centosettanta parabole che scandiscono l'orizzonte come totem di neve. Una corona di montagne ancora imbiancate. La vittoria dell'Europa sugli Stati Uniti nella geolocalizzazione si gestisce da un'enorme conca dell'Abruzzo a seicento metri di altitudine: questa piana incisa da argillosi campi di ortaggi e canali irrigui, le vette della catena del Velino-Sirente che la proteggono in una girandola di cime, anticamente era il terzo lago più grande d'Italia. Qui sorge il centro spaziale Piero Fanti del Fucino, il più importante Teleporto al mondo per usi civili. E da qui, da poche settimane, si capta con nitidezza il segnale che rende l'Europa autonoma dal resto del mondo per la localizzazione satellitare.
Gli ultimi quattro satelliti della costellazione Galileo - formata ora da 22 corpi celesti artificiali operativi - sono entrati in funzione l'11 febbraio. Questo significa che il sistema, che arriverà a trenta satelliti, ha la copertura di base per essere autonomo, e non è più complementare all'americano Gps, come è avvenuto in questi mesi. I ricevitori di Galileo verranno montati a bordo di tutti i veicoli venduti in Europa e saranno in grado di potenziare il sistema di chiamata di emergenza eCall. L'utilizzo sarà civile, ma anche militare, lungo un canale criptato, e in futuro commerciale, per servizi dedicati. L'Europa dispone del più preciso sistema di navigazione satellitare al mondo anche grazie all'Italia: i segnali della costellazione Galileo sono gestiti dal centro di Telespazio, controllata del gruppo Leonardo, che da questo lago che non è più lago controlla settantasette satelliti. Il centro del Fucino condurrà anche in orbita la missione tutta made in Italy Prisma per l'osservazione della terra: il lancio è previsto nella notte tra il 14 e il 15 marzo dalla Guyana francese.
Nella Master control room del Fucino, che ha una visibilità su 250 satelliti, si dirigono i collegamenti satellitari con circa settanta canali tv e venti canali radio. Si portano nell'orbita esatta satelliti appena lanciati, con la delicata manovra di Leop. Si applicano correzioni di rotta a quelli che rischiano di entrare «in collisione con detriti spaziali», spiega Gianni Riccobono, responsabile del centro: i satelliti che hanno esaurito il loro ciclo di vita vengono deorbitati in uno spazio di parcheggio. Quelli in orbita bassa vengono fatti «decadere», in modo che siano attratti dalla terra e quindi distrutti.
L'indipendenza energetica del centro è assoluta: due impianti di alimentazione autonomi più due gruppi di continuità evitano anche minime interruzioni: al Fucino il black out è proibito. Nel Control center dedicato al nuovo sistema di navigazione Galileo vengono svolte tutte le attività legate alla gestione dei dati e dei servizi, in dialogo costante con il centro tedesco di Oberpfaffenhofen, che amministra il movimento e le eventuali correzioni di orbita. Seicento milioni di apparecchi nel mondo sono già collegati. Fu proprio la piana del Fucino il luogo in cui venne intercettato il primo segnale dagli Stati Uniti rimbalzato dal satellite Telstar, nel gennaio del '63, con l'antenna Ya: il sogno dei primi ingegneri pionieri di Telespazio divenne realtà. Da allora non ci sono stati più confini: l'antenna Y1 ha consentito la trasmissione dello sbarco dell'uomo sulla luna. Questo era davvero Il Punto: enorme superficie piana, «le montagne che proteggono da eventuali interferenze: il ponte ideale per connettere Stati Uniti e Asia».
Su questo luogo aveva già puntato gli occhi Giulio Cesare per la possibile fertilità della terra: le continue inondazioni rendevano i campi paludosi, bisognava svuotare il lago. Fu poi l'imperatore Claudio a costruire un imponente tunnel che riusciva in parte a sversare l'acqua nel sottostante fiume Liri. All'opera lavorarono 30mila schiavi. Lo svuotamento definito avvenne nel 1878 su iniziativa del principe Alessandro Torlonia. Il Fucino è un luogo dove tempo e spazio parlano la stessa lingua. Dove l'Italia unita assisteva alla prima grande bonifica privata, ripercorrendo gli stessi passi dei governanti di quasi duemila anni prima. E dove il segnale Galileo arriva grazie a un controllo del tempo: su ognuno dei satelliti sono montati due orologi atomici all'idrogeno, Passive hydrogen maser (Phm), realizzati nello stabilimento di Leonardo a Nerviano, in provincia di Milano, capaci di accumulare appena un secondo di errore ogni tre milioni di anni. Incrociando le ore diverse di ciascun satellite, e conoscendone la posizione, è possibile localizzare nel modo più esatto possibile un punto terrestre. «Se io conosco le posizioni dei satelliti», spiega Marco Molina, responsabile Ricerca e sviluppo spazio di Leonardo, davanti allo schermo con le orbite dei satelliti visibili dal Fucino in questo momento: il 203, il 104, il 103 e il 201, «e ciascuno mi dice che ora è dalla sua posizione, dato che mi parlano alla velocità della luce, il segnale mi arriva con tempi leggermente differenti: parliamo di infinitesime frazioni di secondo di sfasamento. Ma ogni miliardesimo di secondo di questo tempo di propagazione corrisponde a trenta centimetri. Ecco spiegata la magia del posizionamento preciso che richiede un orologio preciso».
In ogni momento i satelliti visibili devono essere almeno tre. Di regola sono quattro. All'interno del Galileo Control Center un altro orologio atomico dieci volte più esatto risincronizza tutti gli orologi di bordo costantemente. Per questo, proprio per la ricerca dell'esattezza spazio-temporale, il nuovo sistema consente una scansione della posizione che si avvicina ai 50 centimetri, un'evoluzione importante se si pensa che la precisione del Gps è nell'ordine dei metri, soprattutto «nella ricerca di persone scomparse o in difficoltà e nel controllo del traffico di aerei e droni». Galileo è quindi legato anche alla ricerca di un'ora esatta che potrebbe essere determinante nei settori più svariati, come la Borsa, dove è necessaria un'assoluta sincronizzazione nelle transazioni, o nella distribuzione di energia elettrica.
Una camminata tra le antenne è un viaggio nella storia italiana. Accanto alla Fucino 2, trentadue metri di diametro, è custodita la poppa della nave Elettra, su cui Guglielmo Marconi svolgeva i suoi esperimenti. E nel vicino museo sono conservate le due stazioni mobili per la ricezione del primo segnale. L'altro nume tutelare del centro spaziale, oltre a Marconi, e a Galileo, è Arthur C.
Clarke, autore del romanzo 2001: Odissea nello spazio: al Fucino è esposto un estratto di un suo articolo pubblicato sulla rivista Wireless world nel 1945: Clarke immaginò un universo che potesse comunicare istantaneamente da un capo all'altro del globo con tre satelliti. Il futuro in un sogno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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