Arresto respinto. La Camera ha detto no alla richiesta di arresto per il coordinatore campano del Pdl, Nicola Cosentino. Contro l’arresto si sono espressi 309 deputati, a favore 298. Nessuno si è astenuto. Dopo il sì della Giunta per le autorizzazioni della Camera, è arrivato il no dell'Aula nei confronti dell'arresto di Cosentino, accusato dalla procura di Napoli di concorso esterno in associazione camorristica.
"Non mi sento un privilegiato", ha commentato Cosentino lasciando Montecitorio e aggiungendo che "un cittadino dovrebbe essere incarcerato almeno aspettando una sentenza del giudice. La verità la stabilisce un giudice e non un pm". Poi, ai microfoni di Porta a Porta, il parlamentare del Pdl ha raccontato di essersi recato da Berlusconi, subito dopo il voto, per consegnargli le sue "dimissioni irrevocabili da coordinatore campano del Pdl". "Avevo detto che un minuto dopo il voto della Camera mi sarei dimesso - ha ricordato Cosentino - e così è stato".
Sul suo addio alla politica Cosentino poi ha precisato: "Se dovessi essere condannato anche solo in primo grado scomparirò. Sono vittima di una aggressione mediatica politica e giudiziaria. Voglio solo difendermi da uomo libero". Interpellato dai giornalisti, Cosentino ha anche sottolineato che "non ringrazio la Lega, ma il Parlamento che ha deciso in piena autonomia. Se i parlamentari avessero voluto seguire le indicazioni dei partiti il risultato sarebbe diverso".
Il leader della Lega Umberto Bossi non ha partecipato al voto sull’arresto per Cosentino. "La storia della Lega non è mai stata forcaiola", ha commentato il Senatùr spiegando che la base leghista "non è poi così amica dei magistrati". Ad ogni modo il leader del Carroccio nega diverbi all’interno del gruppo: "Non c’è stata nessuna rissa e se c’è qualcuno che si deve spiegare con i suoi è Bersani". Per Bossi, infatti, "c’è stata una specie di ribellione dei parlamentari alla magistratura", mentre "non è che la Lega manda in galera un terrone perché è terrone". Poi commenta: "Maroni è scontento? Non è che piangiamo per questo...". In tutto, in base ai tabulati, sono stati 18 i deputati che non hanno votato (8 Pdl, 2 Pd, 2 Lega, 1 Udc). Nel voto finale è stato determinante quello dei sei deputati radicali. Infatti, se i sei parlamentari, tutti presenti, avessero infatti votato come il resto del gruppo Pd di cui fanno parte, i sì sarebbero stati 304 e i no 303.
L'ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è arrivato in aula alla Camera per partecipare alla votazione. Il Cavaliere si è seduto tra il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, e il segretario nazionale del partito, Angelino Alfano. Cosentino, in Aula fin dall’inizio della seduta, è rimasto sempre al suo posto, ricevendo manifestazioni di solidarietà da alcuni parlamentari del centrodestra, tra i quali il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, l’ex ministro Claudio Scajola, il deputato napoletano Amedeo Laboccetta.
Sul voto il Pdl - ma probabilmente anche altri partiti - ha chiesto lo scrutinio segreto. Il nodo da sciogliere, però, era la Lega Nord. Nonostante il sì del Carroccio in Giunta, infatti, Umberto Bossi ha lasciato libertà di coscienza ai suoi perché "nelle carte non c’è nulla".
Popolo e Territorio ha votato no alla richiesta d'arresto. "Non sono qui per difendere o accusare, ma per affermare cose affinché le mie notti non siano turbate a causa della cattiva coscienza", ha affermato Vincenzo D'Anna, di Popolo e territorio, che poi ha aggiunto: "Cosentino riceve la reiterazione del teorema accusatorio soltanto perché è un parlamentare. Viene riproposto che Nicola Cosentino sia il capo del clan dei Casalesi senza alcuna prova. Perché lo dovremmo arrestare? Non c'è risposta".
Il pm di Napoli, Federico Cafiero de Raho, ha accettato la decisione "come tutti i cittadini devono fare": Il Parlamento è la nostra democrazia e se lo critichiamo o critichiamo le sue decisioni miniamo la base della democrazia. Pretendiamo però che anche la giurisdizione venga rispettata, perchè è espressione del popolo italiano".
Prima del voto Cosentino ha promesso di dimettersi da coordinatore regionale Pdl in Campania in ogni caso. Questo nonostante questa mattina avesse detto che avrebbe lasciato il suo ruolo solo dopo il processo: "Se dovessi essere ritenuto colpevole da un giudice del tribunale non esiterò non solo a fare passo indietro ma a scomparire dalla politica e a scontare la pena intera", ha detto Cosentino.
Il deputato Pdl, intervistato da Maurizio Belpietro su Canale 5, si sfoga e si difende dalle accuse: "Sono sereno, tranquillo e consapevole di essere completamente estraneo ai fatti che mi vengono addebitati e confido molto nella lettura degli incartamenti in possesso di tutti i parlamentari per decidere sulla sorte della libertà personale del cittadino Cosentino prima ancora che del parlamentare".
Cosentino sostiene inoltre di non avere "alcuna parentela con nessuno. Sono tutte fantasie costruite da certa stampa: in un comune piccolo in cui fino a sette-otto anni fa ho vissuto, le parentele interessano un po' tutti, ci sono parentele con piccoli boss che interessano tanti altri parlamentari ma io non ho parentela con nessuno. Sono stato sempre all’opposizione non ho mai fatto favori a nessuno. L’accusa che mi viene fatta è il voto di scambio, cio io sarei stato votato da criminali ma io sono nominato parlamentare dal ’96, è dal ’96 che non mi confronto più con il voto di preferenza".
Prima di finire in carcere, Cosentino, ricordando che "uno dei pm che mi ha indagato oggi fa politica attiva perchè è assessore alla giunta di De Magistris", vorrebbe "essere giudicato almeno in primo grado": "La verità non passa per i pubblici ministeri ma attraverso un tribunale. Non si può dire che io sia colpevole perché lo dice una parte che non mi ha dato modo di difendermi".
Del resto nel processo che lo vede imputato da un anno, "ancora non è stata portata una prova sulla mia presunta colpevolezza": "Si vuole riscrivere la mia storia con pentiti che devono farsi perdonare ergastoli.
Ho chiesto di essere giudicato da un tribunale: aspettiamo che il tribunale decida su queste accuse infamanti. In uno stato di diritto vale sempre la presunzione di innocenza, per me sembra valere la presunzione di colpevolezza fino a prova contraria"
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