2006, l’anno orribile dell’auto made in Usa

Preparano le forbici anche Mercedes e Volkswagen

Pierluigi Bonora

All’Auto Show di Detroit, che alzerà il sipario il prossimo 8 gennaio, andrà in scena in tutta la sua drammaticità la grande crisi americana delle quattro ruote. Tra General Motors e Ford, i due giganti con i conti in rosso e il titolo in caduta libera, a perdere il posto di lavoro saranno in tutto tra 55mila e 60mila persone. E mentre Rick Wagoner, numero uno di Gm, ha già annunciato i termini del piano-salvezza (30mila dipendenti a casa, chiusura di 12 impianti e taglio delle spese sanitarie per 15 miliardi di dollari), sarà la vetrina di Detroit a dare al presidente Bill Ford l’occasione di fare chiarezza sulla crisi che attanaglia il gruppo di Dearborn. Anche in questo caso si parla di una forte riduzione del personale (tra 25mila e 30mila posti in meno) per poter affrontare con più certezze il futuro.
È dunque all’insegna dei tagli l’avvio del nuovo anno per il settore dell’automobile. E se la scure delle ristrutturazioni si abbatterà per la maggior parte negli Stati Uniti, anche l’Europa dovrà pagare lo scotto della crisi. Abbattere i costi per fare cassa è l’arma preferita da tutti i costruttori allo scopo di contrastare la concorrenza delle case asiatiche e prepararsi, da qui ai prossimi anni, a combattere l’inevitabile invasione cinese. Ecco, allora, che anche Volkswagen e Mercedes (DaimlerChrylser) preparano le forbici: almeno 10mila i tagli previsti nel primo caso e 8.500 nel secondo. Ma non bisogna dimenticare gli esuberi in casa Fiat. L’azienda ha chiesto al governo (che ha risposto picche) l’applicazione della mobilità lunga per 1.000-2.000 colletti bianchi. Il negoziato tra le parti è a un punto fermo. La mano pesante delle case automobilistiche sulla forza lavoro sarà, dunque, il tema che accompagnerà i primi mesi del 2006, un anno che secondo gli analisti si concluderà con uno storico sorpasso: quello della Toyota sulla General Motors in vetta alla classifica dei produttori mondiali. In verità il gruppo di Detroit, da 74 anni sovrano incontrastato del settore, nei giorni scorsi è già stato vittima di un primo sorpasso, per di più clamoroso: si è visto scavalcare dall’ex alleata Fiat a livello di capitalizzazione di Borsa.
Ma il 2006, ormai alle porte, se per diversi costruttori rappresenterà il classico anno «lacrime e sangue», per altri significherà la fine di un incubo e l’occasione per raccogliere i primi importanti frutti del rilancio. Tra questi figura senza dubbio Fiat. «È vero - commenta l’analista di una banca d’affari -, il prossimo sarà l’anno della Fiat. Sono convinto che la svolta comincerà a generare risultati positivi. Il lavoro sui costi è stato portato a termine e la Grande Punto farà sentire tutto il suo peso. Inoltre, il fatto che l’amministratore delegato Sergio Marchionne sia molto concentrato sulla Cnh (la società americana del gruppo Fiat produttrice di macchine agricole e scavatori, ndr) vuol dire che si sente più tranquillo sull’Auto. E questo è un segnale importante per i mercati». «Anche per me sarà Fiat la vera sorpresa del 2006 - aggiunge Giancarlo Poli, managing director di AlixPartners, società americana leader nella soluzione di situazioni aziendali difficili -, Marchionne sta facendo molte cose e sta spingendo le varie divisioni del gruppo su target di miglioramento e di profittabilità. La Fiat, nel suo complesso, si presenta ora come un gruppo sano, solido e con un posizionamento importante».
Secondo gli analisti interpellati dal Giornale la Fiat ha superato il momento più difficile e c’è chi si sbilancia a ipotizzare, per la fine del prossimo anno, due miliardi di ricavi in più per l’Auto. «Non è una stima azzardata - osserva l’esperto di una banca d’affari internazionale - perché nel 2006 alle immatricolazioni in aumento il Lingotto, grazie alla Grande Punto e all’Alfa Romeo 159, dovrà aggiungere un effetto prezzi favorevole. I modelli più redditizi per il gruppo, infatti, vengono richiesti per lo più nelle versioni più ricche e con le motorizzazioni diesel. E la Fiat, come si nota dalle promozioni in atto, spinge soprattutto sui modelli più accessoriati come la Lancia Ypsilon MomoDesign».
Lo stesso analista giudica raggiungibile l’obiettivo che si è posto Marchionne, cioè di vendere 360mila Grande Punto nel 2006. E visto che il margine incrementale su ogni Punto è di oltre 3mila euro una volta coperti i costi fissi, nel caso le vendite dovessero risultare superiori alle stime, per la Fiat sarebbe tutto fieno in cascina: 150 milioni in più per 50mila Grande Punto in aggiunta. Ma anche uno sforamento di 20mila andrebbe bene: l’ebit, in questo caso, sarebbe di 60 milioni. E lo spauracchio delle auto cinesi? Da quanto si è capito è l’ultimo dei problemi che analisti e osservatori si pongono per il 2006.

«Si vedrà qualche auto - risponde Poli - ma non vedremo crescite di volumi in Europa. Se ne riparlerà tra 5 o 6 anni. Piuttosto, occhio alle “low cost”: quello della Renault-Dacia Logan non è un fenomeno da sottovalutare».

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