Il 21 aprile si festeggiava anche nell’antica Roma con le «Palilia»

Il 21 aprile del 753 a. C., secondo Varrone, era il giorno in cui Romolo - tracciato il perimetro della città - aveva iniziato la sua costruzione sul Palatino. Gli storici assunsero quella data - ab Urbe condita, dalla fondazione di Roma - come riferimento cronologico. Le feste e i riti che venivano celebrati in tale ricorrenza furono in uso per secoli e si ricollegavano a quelli compiuti per la prima volta da Romolo quando delimitò il pomerio. La descrizione di queste cerimonie è stata tramandata da Ovidio, quali feste pastorali simili a quelle originarie che, però, finirono per essere considerate soltanto come celebrative del Natale di Roma.
Le “Palile” si celebravano perché Pales facesse prosperare le greggi e preservasse i suoi boschi sacri dai danni degli armenti. Suggestive le varie fasi della festa: la prima parte consisteva nella purificazione col fuoco. Il popolo si lavava le mani con l’acqua di fonte e beveva latte mescolato con mosto. Fin dall’alba i pastori pulivano le stalle con l’acqua, adornandole di rami d’alloro e bruciando rosmarino e erbe sabine considerate elementi lustrali. Nei fuochi era gettato un composto preparato dalle Vestali con sangue di cavallo, interiora di un feto di vacca gravida e fave. Più tardi, rivolgendosi per tre volte a oriente, si offrivano alla dea focacce e latte nello stesso recipiente in cui si mungeva. Dopo giochi e conviti, la sera venivano accesi i fuochi che i pastori attraversavano con un salto, altra forma di lustrazione usata, secondo Dionisio, da Romolo prima di tracciare il perimetro della città.
Questi giochi, divenuti parte integrante delle “Palile”, furono trascurati dopo la morte di Cesare, ma tornarono in auge per merito di Augusto. In seguito la festa del Natale di Roma assunse una importanza ancora maggiore. Roma, personificata e divinizzata, fu celebrata fino agli ultimi tempi del paganesimo. Inoltre, alla semplice indicazione di Palilia o Pariglia - dal latino pario, cioè “partorisco”, motivo per cui si offrivano in tale ricorrenza sacrifici per il parto del bestiame - venne aggiunta quella di Roma condita o di Natalis Urbis.
La celebrazione del 21 aprile, Natale di Roma, dopo secoli di oblio fu ripristinata nel Quattrocento dagli umanisti dell’Accademia Romana. I festeggiamenti tornarono in auge dopo il 1870 come riaffermazione dei valori ideali del Risorgimento. Una rievocazione colossale e fastosa delle “Palile” si ebbe il 4 maggio 1902 sul Palatino per iniziativa dei soci del Circolo artistico. Riportano le cronache che davanti a un pubblico foltissimo sfilò una lunga teoria di numidi, pretoriani, porta-insegne, patrizi, littori, schiavi, fanciulle che gettavano fiori, sacerdoti e vittimari con un vitello e pecore. Seguivano lettighe, portantine con matrone condotte da schiavi, file di mimi, ginnasti e trombettieri, il coro e un carro con un tripode su cui bruciavano gli incensi. Chiudevano la sfilata un numeroso gruppo di popolani e alcuni carri carichi di doni.

Fu cantato il Carmen saeculare tra squilli di trombe, vennero lanciati colombi e accesa l’ara profumata d’incensi. Terminati i sacrifici alle dee Pale e Roma, si assisté al lancio del giavellotto, al salto, alla lotta, al lancio del disco e a gare di corsa.

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