Un rifugio libero da vecchie e nuove forme di censura

Una famiglia, uno scudo, uno strumento necessario per leggere il presente: Il Giornale era ed è tutto questo

Un rifugio libero da vecchie e nuove forme di censura
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Il Giornale - con la G maiuscola - non è solo un foglio di carta o una pagina on line. È, innanzitutto, il luogo metafisico di una gigantesca famiglia diffusa, sparpagliata lungo l’Italia (e oltre i suoi confini) ma saldamente legata da una comunione di ideali. Una famiglia che - allo scoccare dei suoi primi cinquant’anni - ha un albero genealogico con le radici ben piantate nel terreno e che continua a crescere verso l’infinito, tenendo insieme più generazioni.

Una famiglia, dicevamo, che ha scelto liberamente di essere tale nel nome di un fortissimo idem sentire. Per questo il Giornale non è solo un giornale con la g minuscola, ma molto di più. Attorno a queste pagine riempite d’inchiostro dalle migliori penne e dalle menti più libere della seconda metà del Novecento e degli anni Duemila (perdonateci la poca modestia, ma una volta ogni cinquant’anni si può fare anche sfoggio del giusto orgoglio) si è creata una vera e propria comunità di lettori. Di persone. Questo quotidiano è stato, e continua a essere, il punto di ritrovo di chi non ama passeggiare tra la folla dei luoghi comuni, di chi non si fa abbindolare dalle sirene del coro che liscia sempre il pelo al pensiero dominante, di chi ama percorrere quei sentieri controvento che conducono spesso alla libertà. Il Giornale è stato «politicamente scorretto» quando non esisteva ancora questa definizione ma, soprattutto, quando esserlo non era una rispettabilissima e pure necessaria posa intellettuale ma un pericolo fisico. Quando andare in giro con il nostro quotidiano sotto il braccio era come avere un bersaglio appiccicato sulla schiena. Perché significava non genuflettersi al pensiero - allora dominante - della massa marxista. E questo è un elemento fondativo della nostra comunità e del nostro dna, anche oggi che molte delle nostre battaglie sono state vinte. Quel Giornale, che per alcuni era un bersaglio, per chi lo scrive e per chi lo legge è stato ed è un formidabile scudo per proteggersi dal conformismo e da quel tentativo di sbianchettare le idee controcorrente che ora si chiama cancel culture. A cinquant’anni dalla sua fondazione, nel pieno dell’era digitale e della rivoluzione dell’intelligenza artificiale, il nostro Giornale, sia cartaceo che online, è uno strumento ancora più necessario per navigare nella quotidianità e nella modernità. È un gps che ti permette di non perdere la bussola nell’oceano di fake news che il mondo dei social (e non solo) precipita costantemente sulla nostra testa. È un presidio di qualità, di garanzia e di verifica delle informazioni. Ed è ancora di più uno strumento formidabile di libertà.

Perché l’informazione è un bene troppo prezioso per essere lasciato nelle mani virtuali di un algoritmo e non può correre unicamente in quelle autostrade della comunicazione gestite da pochi privati che vogliono selezionare le notizie per tutto il mondo.

E qui torna il ruolo fondamentale del giornalismo nei delicati equilibri della democrazia: un pensiero scomodo su un social network può essere spazzato via in un’istante, prima ancora che qualcuno ne denunci la censura. Ciò che è scritto su un giornale non lo può più cancellare nessuno. E questo è il valore, la responsabilità e anche il prezzo della libertà.

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