Aborto, Kenya e Niger bloccano la multinazionale "Marie Stopes"

La società britannica è accusata di praticare l'aborto clandestinamente in cliniche di entrambi i paesi

Aborto, Kenya e Niger bloccano la multinazionale "Marie Stopes"

In Kenya e in Niger chi si oppone all'aborto ha vinto un'ennesima battaglia pro-life.

La Medical Board of Kenya ha ordinato alla multinazionale britannica degli aborti "Marie Stopes" di sospendere tutti i servizi di aborto nel paese, eccetto i casi che pregiudicano la salute della madre.

La sospensione è stata decisa dopo che alcune indagini, portate avanti da un comitato organizzato dal Consiglio dei Medici e Dentisti del Kenya, hanno riscontrato una serie di irregolarità commesse da questa organizzazione che stava offrendo servizi di aborto in alcune delle 22 cliniche che gestisce nel grande paese africano.

I testimoni hanno riferito che l'organizzazione ha offerto aborti sicuri a donne che non correvano rischi per la loro salute, dietro un compenso pattuito intorno a 50 dollari (circa 44 euro). Il tutto non considerando che l'aborto è illegale in Kenya, a meno che la salute della madre non sia in pericolo. Infatti la Costituzione del Kenya difende, nel suo articolo 26, "il diritto alla vita" fin dal concepimento e stabilisce che "l'aborto non è permesso a meno che, secondo il parere di un medico, non vi sia bisogno di cure di emergenza o di vita e la salute della madre è in pericolo".

Ann Kioko, responsabile della campagna anti aborto per conto del gruppo pro-life CitizenGo Africa ha espresso la sua soddisfazione per l'iniziativa mentre Ezekiel Mutua, amministratore delegato del Kenya Film Classification Board, ha spiegato alla Bbc che alcune pubblicità pro contraccezione e pro aborto della "Marie Stopes", diffuse in diverse parti del Kenya "non erano state approvate dal consiglio di amministrazione e non erano professionali, in quanto facevano sembrare bello praticare un aborto".

"I democratici hanno portato in Kenya la visione pro-aborto e la posizione pro-Lgbt, un'agenda che è estranea alla nostra cultura", ha spiegato Mutua. Il Kenya, infatti, è uno dei 37 paesi del Commonwealth britannico che hanno leggi che contrastano l'aborto e la pratica omosessuale. "Le guerre culturali in tutto il mondo sono state combattute contro i corpi delle persone di colore. Le politiche dei governi stranieri hanno un impatto devastante sulle donne keniane".

Anche in Niger il Ministero della Salute ha ordinato la chiusura di due centri di "pianificazione familiare" gestiti dalla Marie Stopes International perché sono stati scoperti dei casi di aborti. L'aborto, infatti, anche in Niger è proibito, eccetto il caso di pericolo per la vita della madre. Questa nazione dell'Africa occidentale ha uno dei più alti tassi di fertilità nel mondo ed una popolazione che dovrebbe triplicare entro il 2050.

Il ministro della Sanità Idi Illiassou Mainassara ha detto alla Reuters che i centri della Marie Stopes chiusi si trovano nella capitale, Niamey, e nella regione centrale di Maradi. "L'indagine ci ha permesso di identificare 15 ragazze che hanno abortito in questo centro medico", ha spiegato Mainassara, riferendosi al solo centro di Niamey. L'ispettore generale del ministero, Mai Moctar Hassane, ha detto che gli ispettori governativi hanno scoperto che i centri fornivano una procedura di aspirazione per uccidere il bambino e che hanno venduto anche misoprostolo, un farmaco che induce il parto.

Il Kenya e il Niger non sono i primi paesi ad essere vittime di questo gigante britannico dell'aborto. Nel 2012 era stato scoperto che la stessa organizzazione aveva praticato, per motivi sociali o semplicemente perché la gravidanza non era desiderata, più di 500 aborti illegali anche in Zambia.

La Marie Stopes International è il più grande fornitore al mondo di servizi di contraccezione e

di aborto e conta un team di 12 mila membri presenti in 37 nazioni. Fondata nel 1976 nel centro di Londra, nella filiale keniana offre, ufficialmente, servizi di riproduzione dal 1985, con 22 cliniche e 15 cliniche mobili.

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