Ora Meloni teme l'effetto panico: "Non è la catastrofe". L'idea di un decreto

Vertice a Palazzo Chigi per un provvedimento urgente per aiutare i settori più colpiti dai dazi

Ora Meloni teme l'effetto panico: "Non è la catastrofe". L'idea di un decreto
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La percezione di quale e quanta sia la preoccupazione ai piani alti del governo è tangibile fin dalle prime ore della mattina. Quando le agende della presidente del Consiglio e dei ministri più direttamente coinvolti dal dossier dazi vengono improvvisamente rivoluzionate. Giorgia Meloni cancella la prevista visita in Calabria, dove avrebbe dovuto presenziare all'inaugurazione della caserma dei Carabinieri di Limbadi, vicino Vibo Valentia. Lo stesso fanno i ministri, a partire da quello delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, che rinvia il tavolo con STMicroelectronics. E pure il titolare delle Politiche europee e il Pnrr, Tommaso Foti, fa sapere di dover lasciare in anticipo un convegno sull'idroelettrico che si tiene alla Camera.

A Palazzo Chigi, infatti, Meloni ha appena convocato un vertice d'emergenza per fare il punto sullo schiaffone commerciale che Donald Trump ha rifilato all'Europa e a tutte le economie del pianeta. Insieme alla premier ci sono i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Giancarlo Giorgetti (Economia), Urso e Foti. E, ovviamente, i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini. Il primo video-collegato da Bruxelles, dove ha incontrato il commissario europeo al Commercio Maro efovi proprio per un primo giro di orizzonte sulla questione dazi. Come è noto, infatti, il commercio è materia comunitaria e la risposta all'offensiva di Washington non può che essere a livello di Ue.

Durante la riunione si valuta l'impatto reale che avranno i dazi sull'economia italiana e si cercano di circoscrivere quelle che potrebbero essere le categorie produttive più colpite. Il timore della premier, però, è anche che le conseguenze possano andare oltre la reale portata delle tariffe doganali imposte da Trump. Che si crei, insomma, una sorta di effetto-panico nei consumatori e nelle imprese e che possa essere ben più devastante dei dazi in sé. Per questo Meloni predica cautela e invita tutti a mandare messaggi rassicuranti. Con la consapevolezza che la questione è seria, serissima. Tanto che a Palazzo Chigi si valuta seriamente l'ipotesi di un decreto legge da alcuni miliardi di euro per aiutare i settori produttivi più colpiti. La premier, però, non vuole assecondare i timori di una crisi in arrivo, come invece lasciano presagire i commenti preoccupati che arrivano non solo da Bruxelles ma anche da Parigi e Berlino (il ministro dell'Economia tedesco paragona il Liberation day di Trump al giorno in cui la Russia ha attaccato l'Ucraina).

Così, a sera Meloni decide di dire la sua ai microfoni del Tg1. E spiega di considerare «sbagliata» la scelta degli Stati Uniti, perché «non favorisce né l'economia europea né quella americana». Però, aggiunge, «non dobbiamo alimentare l'allarmismo che sto sentendo in queste ore». Anche perché il mercato statunitense vale «fino al 10% del nostro export» e «noi non smetteremo di esportare negli Stati Uniti». Certo, questo «significa che abbiamo un altro problema che dobbiamo risolvere», ma «non è la catastrofe che alcuni stanno raccontando».

La premier spiega quindi quali saranno i prossimi passi del governo. Intanto, realizzare «uno studio sull'impatto reale settore per settore». E poi «confrontarsi con i rappresentanti delle categorie produttive» già la prossima settimana.

Infine, c'è il fronte europeo da considerare. Anche se a Bruxelles, ammette Meloni, «ci sono scelte che possono essere diverse». La premier, infatti, non è convinta che la strada migliore sia quella di rispondere ai dazi con altri dazi, perché - spiega - «l'impatto potrebbe essere maggiore sulla nostra economia» e «l'obiettivo è di arrivare a rimuovere i dazi» trattando con gli americani, «non a moltiplicarli».

Quanto all'Ue, dovrebbe intanto «rimuovere i dazi che si è autoimposta», come il Green deal, e valutare la possibilità di una «revisione del patto di Stabilità» che «a questo punto sarebbe necessaria». «Queste sono le proposte che l'Italia porterà in Europa, è possibile che non siano perfettamente sovrapponibili con i partner ma abbiamo il dovere di farlo», conclude la premier.

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