Facciamo unipotesi. Cristina vive a Barcellona davanti alla Sagrada Familia e da ventanni dal suo balcone ammira quel capolavoro architettonico di Antoni Gaudì, ancora incompiuto. Ma una mattina, colta da un repentino rifiuto per quella mescolanza di gotico catalano, Art Nouveau e Cubismo (con richiami al Settecento Barocco), dice «Basta». Basta con le fitte impalcature con gli obreros de Dios. Basta con le betoniere, le gru, i minacciosi carichi pendenti di pietre dalle forme strane. Basta con quellinsinuante cacofonia di scalpelli che sale da un cantiere che è aperto dal 1883, quando Antoni Gaudí promise ai barcellonesi di completare lopera in soli dieci anni con le loro offerte.
E ipotizziamo, ancora, che Cristina si rivolga al giudice per fermare tutto. Se così fosse, il magistrato chiederebbe allufficio tecnico di Barcellona di poter visionare il progetto finale e, soprattutto, di controllare il permesso di edificazione. Ecco, il permesso. «Quale permesso?», risponderebbe il tecnico comunale delledilizia privata». «Il permesso di edificazione!». «Ma, signor giudice, non esiste il permesso». «Geometra non faccia lo spiritoso o la denuncio per oltraggio alla magistratura». «Con tutto il rispetto, signor giudice, non cè alcun permesso, non cè mai stato».
Avete letto bene. A tuttoggi non esiste una licenza edilizia che legittimi quellimmenso, incompiuto, eterno, capolavoro febbrilmente voluto (fino alla sua morte nel 1926) da Antoni Gaudí che nel 1881 aveva ereditato da Francisco de Paula del Villar un progetto approvato solo per edificare una piccola basilica nel borgo di Sant Martí, annesso in seguito al centro di Barcellona. Gaudí presentò subito una richiesta di modifica, che era fondamentale per autorizzare e giustificare lattuale espansione che il tempio ha raggiunto. Nessuno rispose allarquitecto de Dios, i lavori si avviarono e dal 1978 sono di competenza dellarchitetto-scultore giapponese Etsuro Sotoo che intende terminarli entro il 2030.
La storia è stata scoperta da Arroyo e Fancelli, due giornalisti de La Vanguardia. In ben 124 anni di lavori, nessuno del «Patronato di cittadini» che porta avanti a proprie spese i lavori, ha mai ottenuto un pezzo di carta liberatorio per quello che è il monumento più visitato di Spagna, più dellAlhambra e del Prado. Da oltre un secolo vige un imbarazzante silenzio amministrativo.
Un portavoce della giunta comunale ora lo riconosce: «Il permesso non esiste, Gaudí alla fine del XIX secolo lo chiese e, ancora, nel 1916, con due guglie già edificate, bussò nuovamente alle porte del Comune».
Poi, a distanza di quasi ottantanni, nel 1990, lufficio tecnico di Barcellona passò tutte le scartoffie amministrative rimaste in sospeso al sindaco socialista Pasqual Maragall. «Trattandosi di unopera eccezionale, lautorizzazione per la Sagrada Familia segue percorsi diversi rispetto ai normali edifici», dichiarò Maragall, guardandosi bene dal rilasciare alcunché.
E sulla scia del silenzio-assenso amministrativo, la Grande Abusiva continuò a crescere, guglia dopo guglia, fino a poche settimane fa, quando dal polverone di polemiche sollevate dal tunnel sotterraneo dellAlta velocità (che minaccia proprio le fondamenta della Sagrada), ci si è accorti che il permesso di edificabilità del tempio, semplicemente, non esiste.
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