Addio a Felice Andreasi caratterista dai mille talenti

Scomparso a 78 anni l’ironico attore: si affermò al Derby di Milano, girò «Pane e tulipani»

Igor Principe

«Un bel giorno io sono nato. Subito non mi sono accorto di niente, ma dopo un po’ me l’hanno fatto notare». Se potesse riaffacciarsi sul mondo da dov'è adesso, solo per un attimo, c’è da giurare che Felice Andreasi ripeterebbe la battuta. La cambierebbe solo un po’, costretto dagli eventi. Ma riuscirebbe comunque a strappare un sorriso, venando di surreale ironia il suo congedo dalla vita, avvenuto la notte di Natale a Cortazzone d’Asti, dove da tempo l’attore viveva con la moglie Mariagrazia. Il prossimo 8 gennaio Andreasi avrebbe compiuto 78 anni. Torinese, classe 1928, non ha mai rinunciato a condire ogni passaggio della sua carriera con l’ingrediente, appunto, dell’ironia, conservando nello sguardo e nel volto lampi che ricordavano al pubblico quanto sia salutare non prendersi mai troppo sul serio.
Lui, per primo, lo fa con sé. Prima che un attore - mestiere con cui si è guadagnato da vivere sin dagli anni Sessanta, quando è in teatro con Mercadet l’affarista di Honoré de Balzac - si considera un artista. Pittore, per la precisione. Non un hobby, ma il completamento di una personalità più complessa di quella che appare sulla scena e sullo schermo. Ama gli olandesi del Seicento, i veneziani, Lorenzo Lotto. Con i suoi dipinti, che riempiono le stanze della casa di Cortazzone, si avvicina alla corrente torinese dei «Sei», in particolare a Carlo Levi. Come soggetto predilige soprattutto le colline del Monferrato: non a caso l’ultima sua mostra, allestita lo scorso anno al Battistero di San Pietro di Asti, si intitola I colori della collina. Scrive anche libri: tra tutti, la raccolta di monologhi e racconti D’amore (diverso) si muore.
L’Andreasi più noto è invece quello che con Cochi e Renato, Lino Toffolo ed Enzo Jannacci scrive pagine di storia del cabaret al Derby di Milano. Il poeta e il contadino, spettacolo nato sul palco di quel locale, migra in televisione nel 1972 e dà il «la» al successo di tutti i suoi protagonisti. Di quello di Cochi e Renato, si sa; di quello di Andreasi si può dire sia stato del tipo discreto ma fondamentale che cinema e teatro riservano alla figura del caratterista, senza il quale a certi copioni manca sapore. Interpreta una trentina di film. L’ultimo nel 2004: Ora e per sempre di Giuseppe Verdicchi.
Ma le sue grandi performance sono due. Una nell’89, Storie di ragazzi e ragazze di Pupi Avati. L’altra nel 2000, quando Silvio Soldini gira Pane e Tulipani e lo chiama nel ruolo del fiorista. «L’avevo conosciuto nel ’92, durante il casting di Un anima divisa in due, per il quale l’ho voluto nel ruolo di un cuoco con un aiutante magrebino - ricorda il regista -. Andai a trovarlo a casa e lì vidi anche i suoi quadri, di cui avevo sentito tanto parlare. Per Pane e tulipani era perfetto, l’attore che avrebbe potuto veramente metterci del suo».

Tra i suoi momenti più alti a teatro, L’antiquario di Goldoni, diretto da Gianrico Tedeschi (’86), e Aspettando Godot (’92). È come tornare al Derby. Con lui, sul palco, gli amici di un tempo: Enzo Jannacci e Giorgio Gaber.

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