Aeroporto, poliziotti «baraccati»

La struttura incompiuta doveva essere finita nel luglio del 2002: costo oltre 5 milioni

Aeroporto, poliziotti «baraccati»

L’ennesima incompiuta è sotto gli occhi di tutti, all’ingresso Sud dell’aeroporto intercontinentale di Fiumicino: uno scheletro di cinque piani, cemento armato e ponteggi tirati su nell’agosto 2001 per costruire uffici, alloggi e parcheggi per gli 850 poliziotti distaccati al Leonardo da Vinci e lasciato marcire nell’area demaniale di via dei Fratelli Wright. Un imponente edificio con tanto di rimessa interna - costo previsto oltre 5 milioni di euro - che giace abbandonato proprio davanti alle finestre del vecchio e fatiscente prefabbricato di quasi quarant’anni dove gli agenti continuano a cambiarsi, depositare armi, ricevere e impartire ordini e, in circa 150 casi, a vivere ogni giorno. Alle prese con topi, formiche e scarafaggi, soffitti cadenti, pareti piene di buchi, bagni spesso inagibili, porte scassate, fili elettrici volanti e con l’incubo di respirare da anni polveri di eternit: «La presenza dell’amianto nella struttura - spiegano infatti - non è mai stata né confermata, né smentita». Il cartello d’inizio e fine lavori firmato ministero delle Infrastrutture accanto all’entrata del polo condiviso da polizia e guardia di finanza parla chiaro: contratto sottoscritto il 2 agosto 2001; importo lavori 5.241.687 euro; durata giorni 425; consegna il 24 luglio 2002. «Invece - afferma Carlo Pelliccioni, responsabile del sindacato Sap - le ditte appaltatrici hanno appena fatto in tempo a issare gru e ponteggi, realizzare l’armatura per poi mollare tutto. Ufficiosamente per mancanza di fondi. Ufficialmente nulla ci è stato detto. Ma basta darsi un’occhiata intorno - continua - per capire come l’amministrazione tenga ai suoi uomini, in che condizioni li mandi a lavorare, con quale spirito i poliziotti prendano servizio tutte le mattine. In compenso vengono richiesti loro sacrifici continui e incarichi sempre più delicati soprattutto in chiave anti-terrorismo. Ma qui siamo alla sbando e di una situazione del genere è il momento di chiedere conto al ministero dell’Interno e al dicastero delle Infrastrutture, al Genio Civile e agli stessi Aeroporti di Roma, la società che ha in gestione i servizi aeroportuali. Vogliamo delle risposte chiare e precise, delle soluzioni».
Per fare spazio al cantiere sei anni fa viene smantellata un’ala del prefabbricato. «Una struttura provvisoria - aggiunge ancora Pelliccioni - che l’Aeronautica militare ci aveva lasciato all’epoca della costruzione dell’aeroporto». Percorrendo il corridoio al pianterreno si arriva di fronte a una porta oggi chiusa. Aprendola ecco lo scempio: prima una specie di dirupo, valico tra vecchio e nuovo edificio, dall’altra parte il maxi-scheletro semiallagato con i ferri arrugginiti e i materiali edili sparsi ovunque in barba a ogni legge sulla sicurezza nei cantieri. Ma non è l’unico guaio per gli «sbirri» della Iavarone. Quelli di turno all’autorimessa, per esempio, in attesa dei nuovi locali sono stati sbattuti in un container di appena 12 mq. Impietosito, il Viminale tempo fa ha inviato loro un secondo modulo di quelli usati dalla protezione civile per andare in soccorso agli sfollati. Ma nessuno finora s’è preoccupato di allacciare le utenze e così resta inutilizzato.

E che dire della stazione di rifornimento carburante all’improvviso dismessa e abbandonata? Della mancanza addirittura di un elementare sistema di videosorveglianza perimetrale alla caserma? Un universo talmente fuori controllo, insomma, che per ricavare i parcheggi per le auto dei poliziotti anni fa è stato persino «okkupato» un terreno del demanio.

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