«Ai musulmani dico che l’Islam è dialogo»

«I giovani devono capire che la religione è fatta di sfaccettature, non di stereotipi»

«Ai musulmani dico che l’Islam è dialogo»

«Un messaggio che ci tengo a dare ai miei coetanei musulmani integralisti? Di studiare di più la propria religione (ma questo vale anche per gli italiani), con un approccio storico-critico sia al Corano sia all’Islam. Infine, di non credere presuntuosamente di avere la Verità in tasca perché solo Dio ce l’ha».
Rassmea Salah è una vivace ragazza di 24 anni senza peli sulla lingua. Nonostante la giovane età, è impegnata su diversi fronti, dallo studio all’impegno sociale che porta avanti con passione. La mamma è una signora di origine lucana e cattolica e il padre, un medico egiziano venuto in Italia negli anni Settanta, è musulmano («Ho scelto la religione musulmana che però vivo a modo mio, diverso da mio padre che è un po’ più tradizionalista di me»).
La ragazza si è laureata alla Statale in mediazione linguistica e culturale e attualmente si sta specializzando negli Studi Arabo-Islamici presso l’Orientale di Napoli. A Milano insegna arabo ai figli degli immigrati nelle scuole elementari pubbliche (progetto Ismu) e collabora con l’associazione Italo-Egiziana. Infine ha aderito all’iniziativa del settimanale no profit «Vita», che da settimana scorsa mette a disposizione ogni mese una parte del giornale ai ragazzi della «seconda G», la seconda generazione di musulmani (a Milano sono 23mila), determinati a far sentire la propria voce ed esprimere le proprie «civilissime ragioni» in qualità di redattori. L’allegato si chiama «Yalla, Italia!» («Vai, Italia!»), è stato ideato da Martino Pillitteri, giornalista esperto del mondo arabo, con il sostegno del professor Branca, docente di letteratura araba all’Università Cattolica. (www.vita.it).
Chi sono questi ragazzi?
«Sono giovani che “ce l’hanno fatta”, studenti e cittadini under 30 che si sono integrati in modo attivo nella società e intendono esprimere le proprie opinioni per cercare di abbattere stereotipi e luoghi comuni».
Lei è figlia di una coppia mista. Come vive le due identità?
«Il fatto di avere una doppia appartenenza è un privilegio che mi consente di osservare le diverse realtà in modo equidistante, equilibrato e sicuramente più aperto».
Come si pone nei confronti dei suoi coetanei più integralisti?
«Cerco di dialogare con loro. Mi costa fatica ma tengo duro per far loro capire che l’Islam ha diverse sfaccettature e che lo si può vivere in modo diverso. Il progetto del nostro giornale “Yalla” ci offre un’occasione di confronto interno, tra di noi, è un’opportunità straordinaria».
E nei confronti degli italiani meno tolleranti come si pone?
«Ritengo presuntuoso voler fare cambiare opinione a chi già ne ha una. Per quanto mi è possibile, cerco di confrontarmi con tutti, italiani e immigrati, che abbiano voglia di comunicare piuttosto che con quella parte di società che non vuole o non è disposta a capire».


Come vede il futuro di voi giovani musulmani in Italia?
«In modo positivo ma, come dicevo all’inizio, per integrarsi bisogna studiare, conoscere la propria cultura e quella del Paese di accoglienza. Bisogna puntare su questo, il resto verrà da sé».

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