ALAIN DE BENOIST «L’Italia? Se la amo è colpa di Stendhal»

L’intellettuale francese, habitué del nostro Paese, racconta il suo rapporto con la città. Conosciuta grazie ai libri di Scerbanenco e i film di Dino Risi...

Dopo Jean-Paul Sartre, Alain de Benoist è l'intellettuale di cui ogni libro è un evento più ancora per gli italiani che per i francesi. Da Nietzsche. Morale e grande politica (Edizioni Il Labirinto, 1979) a Ultimo anno. Diario di fine secolo (Edizioni Settecolori, 2006), le sue opere sono uscite nella nostra lingua e spesso l'autore le presenta a Milano, ormai meta fissa per lui.
Signor de Benoist, Milano è entrata nelle sua vita fin...
«... Dalla Certosa di Parma di Stendhal: uno dei personaggi principali è ispirato a Angela Pietragua, dal 1811 compagna dello scrittore. La passione di Stendhal per l'Italia m'ha contagiato».
Anche la Milano del Novecento l'ha conosciuta da un libro?
«Da Milano calibro 9 di Giorgio Scerbanenco, che m'ha fatto scoprire la grappa! E dai film del regista milanese Dino Risi, che sono il simbolo della rinascita del cinema italiano negli anni Sessanta».
Veniamo ai viaggi: primo arrivo a Milano?
«Nel novembre del 1977. Avevo trentatré anni».
Un ricordo?
«La visita al museo leonardesco».
Da allora è tornato spesso...
«Una quindicina di volte. Ricordo il 1977 milanese come una coda del Sessantotto parigino».
La prima volta arrivò in veste di giornalista...
«... Per il convegno organizzato dallo psicoanalista Armando Verdiglione».
Poi furono i giornalisti ad ascoltare lei.
«Nel 1981 - ospite di “Quarto tempo”, il circolo di Staiti e Mantica - presentai con Marco Tarchi il mio Visto da destra pubblicato da Akropolis, all’hotel Michelangelo».
E da allora è un habitué di Milano...
«Ancora l'anno scorso ho presentato Ultimo anno nella simpatica libreria Mursia di via Galvani».
La vita culturale milanese l'attrae?
«Le mie visite per convegni coincidono sempre con escursioni culturali».
Esempi?
«Nel 1996 venni per Il popolo, la decadenza e gli Dei di Jean Cau (Edizioni Settecolori, NdR), uscito con mia prefazione: nell'occasione vidi alla Scala La vedova allegra. Poi deposi fiori sulla tomba di Toscanini al Cimitero monumentale. Nel 2000 tornai per un convegno su Ernst Jünger e ascoltai un concerto di Muti».
Letteratura e cinema, musica e canto... Arti plastiche no?
«Mi piacciono monumenti e musei. Adoro le opere di Wildt e Sironi, l'architettura di Terragni, comasco. Ma vorrei tornare sul cinema. Ho citato Risi. Ora cito Luchino Visconti, anche se mi colpisce meno di Risi, perché la sua estetica barocca un po' fiammeggiante non è la mia».
Ha amici a Milano?
«Stefano e Mirella Taddei, Stenio Solinas, che milanese di nascita non è, ma che sul Giornale ha pubblicato la più intelligente e sensibile critica del mio Ultimo anno. E poi a Milano ho incontrato Giuliano Ferrara, Massimo Fini, Armando Torno, Alfredo Cattabiani, Claudio Risé, Laszlo Toth, Stefano Zecchi, Luca Gallesi...».
I suoi luoghi milanesi quali sono?
«Il Naviglio, galleria Vittorio Emanuele, il Castello Sforzesco... Ma a Milano, come altrove in Italia, amo soprattutto le viuzze dimenticate dai turisti».
C’è una città in Francia che abbia il ruolo di Milano in Italia?
«Non direi. Milano è gemellata con Lione, senza che le due città abbiano molto in comune. Ma ci sono due città uguali nel mondo?».
Che cosa rappresenta Milano per lei?
«È stata la capitale dei Celti insubri - Tito Livio parla dei Galli biturigi - fino alla conquista romana; la capitale dell'Impero d'occidente sotto Diocleziano, quando Nicomedia era capitale dell'Impero d'oriente; la capitale del cristianesimo all'epoca di sant'Ambrogio; la capitale degli Sforza fino al XV secolo...».
E oggi?
«Per tutti è una città elegante, con negozi di moda e multinazionali. Per me è la capitale dell'opera».


Una disavventura milanese?
«Gennaio 2006, Malpensa. In transito, sono rimato bloccato trenta ore per la neve, dormendo per terra in corridoio. Poi sono partito in treno per Lamezia Terme in condizioni incredibili. Di Milano ho fortunatamente ricordi più soleggiati!».

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