All’asta da Bloomsbury a Roma lettere e disegni a Carla Marchi

All’asta da Bloomsbury a Roma lettere e disegni a Carla Marchi

Più che pro-memoria per un ipotetico racconto, sembrano schizzi preparatori per una vignetta. Eccoli: «30 dic 1963 partenza da Roma 15:45. Camilla (sciarpa organza gialla), Montale, Pisoni (con sciarpa scozzese fumo Londra), Bugialli (anca dolente per colpa stadio), Fantini, Cavallari. Molti ital. parlata terrone “siete tecnici telv?” “Mah, no veramente” “Cosa? Servizio speciale ehm ehm?” “Ah no no, siamo tecnici TV”. Hostesses 3 nere da casino, 1 bionda da parco». Camilla è Camilla Cederna, Montale è ovviamente il futuro premio Nobel, Bugialli è Paolo (anni dopo fu al Giornale), Cavallari è Alberto, inviato del Corriere. E chi scrive questi appunti-bozzetti su un quadernetto è Dino Buzzati.
Quel quadernetto andrà all’asta mercoledì prossimo da Bloomsbury, proprio a Roma, insieme a molto altro materiale buzzatiano. Il prezioso lotto è stimato fra i 4mila e i 5mila euro, non molto, tutto sommato, per aprire una nuova «finestra» sulla biografia del grande giornalista e scrittore nato a San Pellegrino di Belluno il 16 ottobre 1906 e morto a Milano il 28 gennaio 1972. Una «finestra» da cui s’affaccia una donna che, tra la fine degli anni Quaranta e i Cinquanta, ebbe un ruolo importantissimo nella vita di Dino: Carla Marchi. A lei l’autore del Deserto dei tartari si rivolge con numerose lettere dedicate alla risoluzione di problemi pratici (ed economici) e con disegni che hanno per soggetti gli amatissimi cani. Un filo diretto legava i due, lei a Milano, lui fra i suoi monti o addirittura in un rifugio alpino. «Cara Carla, scusa se ti mando i soldi con un po’ di ritardo ma solo oggi ho trovato uno che scende a valle. Sarai rimasta per qualche giorno un po’ a secco», scrive a esempio il 15 agosto del ’47 dal Rifugio Antonio Berti al Popera. E quando il rapporto fra Buzzati e la signora pare raffreddarsi, interviene la madre di lui, Alba, la quale così si rivolge a Carla, da San Pellegrino nel settembre del ’59: «Sono vecchia e pratica della vita, la bontà fa dei veri miracoli. Dino e non solo Lei soffre, aiutatevi a vicenda a ritrovare la pace; gliene sarò grata».


Ma, al di fuori del lavoro, la pace proprio non s’addiceva a suo figlio, tormentato, fra l’altro, dall’essere sottovalutato in quanto artista figurativo. I suoi disegni inviati per posta sono, oltre che omaggi affettuosi, una sommessa protesta.

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