Almeno a tavola la Capitale conquista Milano

Volete cacio&pepe e carciofi alla giudia? Ormai è la città lombarda il posto giusto

Andrea Cuomo

Ci sono momenti in cui tutto diventa chiaro. Momenti in cui capisci il disegno. A noi è capitato qualche giorno fa, quando a bordo di un tram che percorreva la circonvallazione interna di Milano, guardando dal finestrino abbiamo visto dalle parti di Porta Romana un'insegna: Sciura Lella. Un locale che sta per aprire, l'ennesimo che propone cucina romana nel capoluogo lombardo.

Sciura Lella vuol dire che almeno in questo Roma l'ha avuta vinta su Milano, spingendola ad accettare la profanazione di una delle sue più iconiche parole (sciura) con una contaminazione romana da film: la Sora Lella, sorella di Aldo Fabrizi e caratterista in molti film di Carlo Verdone. Una che al solo vederla sentivi odore di ragù con le spuntature e supplì.

Tutto è iniziato qualche anno fa con la cacio&pepe, il piatto più sapido e clamorosamente difficile della cucina romana, a onta della semplicità dei suoi ingredienti: pasta (tonnarelli, spaghetti oppure pasta corta purché rigata), pecorino romano (non vi inventate altro) e pepe. Quattro anni fa, quando io da Roma mi trasferii a Milano, trovavo questo piatto in tutti i menù dei ristoranti milanesi, spesso anche in quelli semistellati. È stata questa moda, peraltro, a contribuire a creare la bolla del pecorino che ha portato ora - che la bolla si è sgonfiata - alla guerra del latte in Sardegna, dove è realizzata la quasi totalità del pecorino romano.

Poi pian piano la «roman wave» si è allargata. Sembrava quasi una nemesi: man mano che la forbice di ricchezza e qualità della vita tra le due più grandi città italiane si divaricava a vantaggio di Milano, Roma si prendeva la sua rivincita colonizzando per la seconda volta nella storia Mediolanum. «Se riprennemo tutto quello che è nostro», sembra sentir sussurrare i ristoratori in missione sui Navigli.

A Milano esistono due categorie di locali romani: gli spin-off delle trattorie storiche della capitale che hanno aperto una succursale milanese cercando di riprodurre l'atmosfera tipica dell'osteria romana, con un po' di inevitabile oleografia; e i locali «originali» milanesi.

Alla prima categoria appartiene innanzitutto Felice a Testaccio, rinomato locale (è del 1936) del rione più romano (e romanista) che ci sia. A Milano ha aperto in via del Torchio, «nella zona con l'eredità architettonica romana più forte di tutta la città, le Colonne di San Lorenzo», come loro stessi non mancano di far notare. I piatti sono i classici della tradizione e la cacio e pepe (a 13 euro) è da competizione Lascia perplessi semmai l'eleganza meneghina del locale, poco in linea con le sbracature capitoline.

Trattorie storiche sono anche Ai Balestrari, nata nel 1862 a Campo de' Fiori e con una sede anche sul naviglio Pavese (via Ascanio Sforza); Ba'Ghetto, trattoria contemporanea del quartiere ebraico della capitale (custode delle tradizioni giudaico romanesche) e dove vale la pena di andare per i carciofi alla giudia (a Milano al numero 45 di via Sardegna); l'Osteria Angelino, aperta nel 1899 a Roma e che a Milano è arrivata nel 2014 in via Fabio Filzi, all'ombra dei nuovi grattacieli di Porta Nuova. Più radicati a Milano i locali originari: Rugantino, storica insegna alle Colonne di san Lorenzo; Giulio Pane e Ojo, aperto 20 anni fa a Porta Romana dall'«oste fondatore» David Ranucci; Volemose Bene in via Moscova, e qualcun altro.

E alla fine in fondo anche l'arrivo di Heinz Beck, il genio bavarese tristellato che da 25 volteggia come un putto alla Pergola del Rome Cavalieri in cima a Monte Mario e che qualche mese fa ha aperto il suo Attimi a City Life, all'ombra delle torri di Hadid e Isozaki, vuol dire che c'è un angolo di Roma in più a Milano.

Lui non fa proprio cucina romanesca, ma in fondo il suo piatto bandiera, i Fagottelli La Pergola, è una rivisitazione della carbonara. Ma soprattutto Beck serve a ricordarci che a Roma un tristellato c'è già, a Milano non ancora...

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