La sera prima si sono seduti sulla sponda di quel corso d'acqua placido, socchiudendo a turno le palpebre. La corteccia cerebrale di Giuseppe Di Capua tambureggia. Immagina il ritmo che toccherà tenere. Gli amici lo chiamano "Peppiniello", ma a dire il vero ormai anche la tv. Domani commenterà "bisteccone" Gian Piero Galeazzi, uno che di canottaggio se ne intende parecchio, anche perché ci dava dentro pure lui prima di darsi al giornalismo. Ci pensano forte anche Carmine e Giuseppe, a quel che succederà domani. Sono fratelli, vengono da Castellammare di Stabia, hanno 26 e 29 anni.
La Federazione ci punta senza indugio. Seoul 1988 sono le Olimpiadi che tornano nella loro forma più autentica, dopo le stazzonate edizioni del Los Angeles 1984 e Mosca 1980. Del resto il trio si è imposto con irriverente facilità nell'ultima edizione. Quei due fratelli tarchiati, un groviglio di capelli bruni ciascuno, ed il sottile Peppiniello, hanno strappato una caterva di successi anche nelle tappe d'avvicinamento ai Giochi. Però mica può essere una sorsata liscia, la gara di domani, se accanto alla tua corsia fluttuano Redgrave e Holmes, due leggende del canottaggio. E poi tutti gli altri, certamente.
Comunque il giorno fatidico arriva e la gara del "due con" che ne esce non diserta le attese. Domenica 25 settembre alle 10,50: l'appuntamento è questo qui. L'armo azzurro l'hanno collocato nella corsia centrale. Gli infidi britannici galleggiano in acqua due. Bulgari in acqua quattro e tedeschi orientali nella cinque, tanto per stringere nella coda dello sguardo alcuni tra i più pericolosi. Lo start è imminente. Mezza Italia se ne sta incollata alla tv. Galeazzi schiuma.
Il trio c'ha pensato a lungo. Redgrave e Holmes partono solitamente forte, per poi gestire. L'unica è sorprenderli ricorrendo all'imitazione. Quando lo sparo a salve incide l'aria di Seoul l'equipaggio italiano parte a razzo, stranendo subito avversari e commentatori. Anche perché il rischio corso è di quelli impudenti. Pensare di strapazzare i contendenti è impensabile. Riusciranno ad amministrare le energie? Intanto hanno già messo via un margine di 3'' 28 sull'armo bulgaro e ben 5'' 25 sui sudditi di sua maestà, quando scocca metà gara.
Di Capua, in trance, seguita a dettare il tempo. E i fratelloni d'Italia eseguono, a quanto pare per nulla erosi dalla fatica. Raggiunti i 1500 metri si espande il distacco sui bulgari, mentre i Redgrave e Holmes limano soltanto qualche decimo. Ora però il gioco si fa più sofisticato. Gli azzurri devono respingere il ritorno della coppia britannica e, soprattutto, domare il tentativo poderoso dei tedeschi orientali Streit e Kirchoff, che mulinano con cadenze sempre più pungenti.
Dall'alto della sua postazione, Galeazzi è il primo ad avvedersi di quel recupero teutonico. Bisteccone suda, si alza, segue gli ultimi metri in piedi tentando metaforicamente di sospingere l'armo italiano. Quella cabina stampa diventa un arcipelago emotivo. La telecronaca diviene tracimante. Anche perché quelli hanno quasi ripreso 5''. Ora Carmine e Giuseppe devono davvero cercare le residue energie depositate sul fondale dei loro organismi. E ci riescono, staccando di una spanna gli avversari - primi con 1'' 84 di vantaggio - e salutando dallo specchietto anche gli increduli britannici, terzi.
Galeazzi, stremato e in deliquio, li definisce "stupendi cavalieri delle acque".
Quello è il secondo oro olimpico per il trio e l'ennesimo successo di un sodalizio dirompente. Tra tutti i giorni possibili passati a solcare le acque, probabilmente il più difficile. E, per questo, anche quello migliore.
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