Marcel Cerdan, il pugile del cuore di Édith Piaf

La storia d'amore tra il più grande boxeur e la più grande cantante di Francia è rimasta indicibilmente estrema: divampante nella sua sostanza sentimentale, tragica nel risvolto finale

Marcel Cerdan, il pugile del cuore di Édith Piaf

Scende la sera su Montmartre, ed è placida, ed ha aggrappata al suo manto un sapore nuovo. Come una detonazione interiore. Qualcosa che prima mancava e adesso c'è. Chiusi tra le pareti confortanti del ristorante Le Cinq, ordinano da mangiare. Lui vira su un piatto modesto, lei - sofisticata nel portamento e nelle scelte - lo rintuzza. Solo pietanze di alta qualità. Accompagnate da sublimi vini francesi, s'intende. Crepita in fondo alle pupille di entrambi la scintilla dell'amore. Gli stomaci si rimescolano. Mangiano il giusto, poi sfilano tenendosi il braccio per le strade parigine, cucendosi alla notte per non dare troppo nell'occhio. Di loro, del resto, parlano tutti. Lui è il più grande pugile di Francia. Lei la cantante più amata del paese.

Marcel Cerdan ha trent'anni quando comincia a conoscere Édith Piaf. Lei è di poco più grande. Lui ha una moglie e tre figli. Si sono già visti a New York, ad un pranzo organizzato da amici. Si rivedranno di nuovo nella città insonne, un giorno in cui si trova lì per un match al Madison Square Garden e lei è attesa da un concerto. Primo dopoguerra. Ripartenza in tutti i sensi. Anche per due anime apparentemente così lontane.

Il sangue di Marcel è un groviglio di contaminazioni: è nato in Algeria nel 1916, da madre spagnola. Il padre è un tipo avaro con le parole. Predilige esprimersi con la cinghia. Sidi Bel Abbès, avamposto della legione straniera, non è certo il posto più tiepido in cui vivere. Rivolte, soprusi, violenze sparse, raggiri frequenti. Macellaio ed ex pugile, il suo vecchio lo istruisce alla nobile arte della boxe, costringendolo a combattere fin da quando ha 8 anni. Poi decidono di levare le tende da quell'incubo a cielo aperto. La prossima fermata dev'essere Casablanca, Marocco.

Il trasferimento si rivela una benedizione. Marcel affina la sua tecnica, iniziando a sciropparsi in fretta la gavetta. Va fortissimo con i ganci rapidi, mandati direttamente a conoscere il mento dell'avversario. Muove le gambe con una frequenza impressionante e si rivela contundente come pochi nel combattimento di corto raggio. Si fa strada, Cerdan, muovendo dal tempio parigino di Salle Wagram. Qui inizia a sbocciare il suo pugilato. Qui la Francia comincia ad annusare una fragranza inedita. Stanno inconsapevolmente annaffiando il futuro miglior pugile del paese.

Intanto a Casablanca, davanti a 21mila spettatori gaudenti, Cerdan strapazza Omar Kouidri nella contesa per diventare campione di Francia dei pesi medi. La gente cerca di assistere allo scontro in tutti i modi. Alcuni finiscono pure per indebitarsi. E alla fine la folla lo solleva in trionfo. Da quella sera, per tutti, Marcel diventa "Le bombardier marocain". Un match come una maniglia aperta su un futuro radioso. Quasi cinquanta incontri vinti in cinque anni, dal 1934 al 1939. Tutti conditi dalla voglia di rivalsa ferale di chi è nato immerso nel nulla e intende scalare tutto. Nel frattempo anche Piaf sale la sua personale rampa. Sono gli anni di Elle fréquentait la rue Pigalle, Le Grand Voyage du pauvre nègre e L'Accordéoniste. Quei due universi destinati a collidere, in fondo, non sono poi così distanti. Anche Édith, che poi si chiamerebbe Giovanna Gassion, è nata da una famiglia di umili origini. Anche lei sta sbocciando.

Cerdan
Cerdan in azione sul ring

Cerdan ci sa fare in ogni senso. All'irruenza del suo oscillare sul ring abbina sempre una inconsueta dose di signorilità. Spesso gli capita di spedire gli avversari in ospedale. Allora manda delle lettere di scuse, propone di dividere il cachet, accende ceri votivi per assicurarsi che guariscano. Una sensibilità rara dentro un arcipelago di testosterone e business. Conquista anche il titolo europeo, a Milano, ai danni di Saverio Turiello. Ma ancora non basta. Intende sedersi sul tetto del mondo.

Nel frattempo in nazisti lo invitano alle cene ufficiali. Lui, ribelle nel sangue, declina senza indugio: "Grazie, non posso". Non può mescolarsi all'infamia che sta deturpando l'Europa. Non può farlo nemmeno Piaf, che finge di stare al gioco per salvare decine di connazionali. Un altro tratto che li unisce. In New Jersey, contro Tony Zale, biondo di ferro dell'Indiana ed ex combattente di guerra, Marcel si gioca il titolo mondiale. Parte forte. Incalza a grandina ganci col destro, mentre serra il braccio sinistro a protezione del fianco. Zale è presto stordito. Cerdan diventa il migliore di tutti e stende per una sera un velo balsamico sulla dissestata relazione tra la sua Algeria e l'adottiva Francia.

Quel luccichio attira le pretese degli sfidanti. Lo reclamano di nuovo negli States. Gli impresari della boxe, spesso collusi e tutt'altro che appassionati allo sport, cercano di mettere a reddito le emozioni dei tifosi. Organizzano un'altra grande sfida. Marcel contro Jake LaMotta, il Toro del Bronx. Si affrontano a Detroit quando scocca il 16 giugno del 1949. Marcel avanza deciso, ma si strappa rapidamente alla spalla sinistra. Rifiutando di mollare la spugna combatte con un braccio soltanto, ma viene naturalmente domato da LaMotta, che pesta senza indugio sul lato debole. Serve il medico per decretare la fine dell'incontro. Cerdan è furente. La Francia attonita. Viene fissata una rivincita, per il 2 dicembre. Marcel non la disputerà mai.

Torna in Francia, per smaltire la delusione e recuperare dall'infortunio. Ma gli arriva un messaggio da Piaf: "Vieni a New York, voglio stare con te. Non venire con la nave, potrei morire nell'attesa". Perché, nel frattempo, i due sono usciti allo scoperto dopo raffazzonate conferenze stampa allestite per affananarsi a negare. La moglie di Cerdan ha chiesto il divorzio. Édith ama per la prima volta nella sua intrigante vita qualcuno che non fa parte del suo universo.

Scende la sera del 27 ottobre 1949, ed è tetra. Due amici provano a dissuaderlo: "Che parti a fare adesso, riprenditi e poi vai a New York con calma". Lui scuote la testa. Vado per lei, dice girando verso l'alto la manopola della radio che passa La vie en rose. L'aereo decolla da Orly con una cinquantina di persone a bordo. Con Cerdan ci sono anche la celebre violinsita Ginette Niveau, un direttore commerciale di Walt Disney e altri volti noti. Traversata oceanica serena. Cinque minuti all'atterraggio. Il comandante, Jean Nove - settantamila ore di volo - inizia la discesa. Ma si abbassa troppo. Mille metri di quota. Centra l'unico ammasso roccioso che si erge sopra l'Atlantico, il Picco Redonta. La storia di questo pugile dei due mondi si interrompe qui, mentre rincorre l'amore. Come un gancio quando ormai hai disarmato la guardia.

Piaf verrà travolta dal dolore e dal rimorso. Canterà ugualmente in pubblico la sera dopo, per dedicare il concerto al suo amato. Ma sverrà dopo una manciata di pezzi, sopraffatta. Ora resta soltanto il ricordo di quell'ordine sbagliato a Montmartre.

Di quel pranzo rivelatore a New York. E il pensiero irrisolto di quel che poteva essere. Una chanson rimasta chiusa in gola. Il ring dei sentimenti solleva e ti manda al tappeto sempre senza mai curarsi di avvertire.

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