Quando Mike Tyson finì k.o. dopo 37 vittorie di fila

Febbraio 1990, Tokyo Dome: Tyson viene steso da Buster Douglas. Sconfitta mai digerita: "Feci troppo sesso invece di allenarmi". E stasera torna sul ring a 58 anni, contro Jake Paul

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Arena gremita, fan in subbuglio da giorni. Siamo a Tokyo, ma qui i Samurai hanno deposto le armi da un pezzo. Qui gli occhi luccicano per chi sta per incrociare i guantoni e arriva dall'altra parte dell'oceano. Nella pancia del Dome la gente freme, così come tutti quelli che, da ogni angolo del mondo, sono collegati via cavo.

Ha organizzato tutto, al solito, Don King. L'uomo che ha creato la "Rumble in the jungle", il signore degli incroci impossibili che invece poi si materializzano. La vittoria dello sfidante è quotata 42 a 1. Nemmeno a presentarsi, ridacchia qualcuno sguaiatamente. Anche perché dall'altra parte c'è un pugile infernale. Uno che arriva da trentasette successi di fila, di cui trentatre per k.o. Il primo si chiama James "Buster" Douglas. Il secondo Mike Tyson.

Che sogghigna dal suo angolo, probabilmente pensandosi inscalfibile. Anche perché per tutti, compreso Mike, lo sfidante ai titoli WBA, WBC e IBF è derubricabile al grado di sparring in vista del possibile match con Evander Holyfield. Pura formalità e niente più. Sbagliatissimo.

Anche perché in mezzo ci si mette un mucchio di variabili impazzite. Buster ha perso la mamma appena 23 giorni prima del match: è scosso, distrutto, ma lei, sul letto di morte, gli ha detto che crede in lui. Che sa che suo figlio può battere anche il grande Mike Tyson. La disperazione diventa presto rabbia positiva, che aumenta quando, in conferenza stampa, i giornalisti lo ignorano per concentrarsi su Mike.

Che, secondo la sua ricostruzione, arriva all'incontro alquanto distratto. La giustificazione per la sua prestazione starebbe in una serie di notti tappezzate da sesso bollente e multiplo, compresa quella prima dell'incontro, più un virus. Buster, in seguito, ha sempre respinto questa ricostruzione, dicendo che semplicemente Tyson non è mai riuscito a digerire la sconfitta. Perché è così che va: l'underdog doma la tigre in dieci riprese.

Altro particolare non irrilevante: se vince, Douglas può portarsi a casa oltre 1 milione di dollari. Non succederà perché lo fregheranno, ma questa è un'altra storia. Salgono sul ring e pare subito chiaro che Iron Mike non è lo stesso di sempre. Le gambe girano più lente del solito, la guardia pare più balneare, i movimenti poco fluidi. Dalle prime riprese, quelle in cui tutti si aspettavano che la contesa si chiudesse, affiora un po' a fatica un pugile che sembra prosciugato.

I colpi però sono sempre quelli e fanno parecchio male. Al punto che, trascinatosi all'ottava ripresa, l'incontro arriva ad una potenziale svolta. Tyson è stremato, ma lascia comunque partire un montante terrificante, che manda al tappeto Buster. La conta dell'arbitro non è esattamente tempestiva e Mike protesta aspramente. Nel frattempo Douglas ripensa a quello che gli ha detto sua mamma e trova la forza per rialzarsi. Tyson schiuma rabbia, ma si riprende.

Fino al decimo round, quando Buster sembra resuscitare agonisticamente. Cinque jab sinistri. Cinque destri. Gancio destro.

E poi un gancio sinistro che manda Tyson al tappeto. Campione del mondo contro ogni pronostico. Mike incassa una sconfitta che lo rende ancora oggi dolente. Stasera, contro lo youtuber prestato alla boxe, immagina di sicuro un finale differente.

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