Amarcord trasporti: la ragnatela di tram di inizio Novecento

C’era una volta il tram che partiva da San Pietro, raggiungeva piazza Cola di Rienzo, attraversava il Tevere su ponte Margherita, passava per piazza del Popolo, via del Babuino, piazza di Spagna e, dopo essersi immesso in via Nazionale, finiva la sua corsa a Termini. Da qui altre vetture facevano la spola tra gli altri quartieri della capitale. C’era una volta una città all’avanguardia per la sua rete tranviaria. Poi, dagli anni Sessanta, il declino, e oggi restano tanti ricordi e poche linee.
La storia dei tram a Roma inizia più di un secolo fa, nel 1877, quando i primi convogli trainati da cavalli collegavano piazza Venezia con San Giovanni e Trastevere. Quasi vent’anni dopo, nel 1894, l’elettricità sostituì la forza degli animali per la prima volta. Da allora la Srto, la prima società di trasporti, diede inizio all’elettrificazione di tutta la rete, che negli anni successivi divenne la più estesa d’Italia.
Erano altri tempi. Roma non era ancora la giungla di auto in coda, clacson e imprecazioni di automobilisti stressati. Era una città che si muoveva lentamente e permetteva di godersi dai finestrini degli stanga il cupolone, piazza di Spagna, piazza del Popolo. Le rotaie costeggiavano il Muro Torto, il Tevere, facevano sbucare il tram dal Traforo del Quirinale, un tunnel oggi trafficato e assordante. I binari univano centro e periferia: piazza Venezia con l’Ostiense, San Pietro con Montemario. Si arrivava alla Garbatella, a piazza Santa Croce in Gerusalemme, Montesacro, Ponte Milvio, Salario, Monteverde, Prati, Parioli. E come dimenticare le linee Termini-Cinecittà e le tranvie dei Castelli Romani.
Poi, dalle Olimpiadi del ’60, cominciò il declino: erano arrivati il futuro, il boom economico e le automobili. Il tram divenne un intralcio per il traffico. A poco a poco furono smantellati quasi tutti i binari e gli autobus presero il sopravvento. Nel 1975 erano rimaste soltanto quattro linee tranviarie: nel 1929, anno della massima espansione, erano 59. La situazione oggi è praticamente immutata. Le linee in città si contano su una mano: sono le numero 2, 5, 8, 14, 19. Le proposte di ampliamento avanzate in questi anni (come la prosecuzione della 8 da Largo Argentina a Termini) sono ancora sulla carta.
I pezzi del passato, almeno, restano. È possibile ammirare i vecchi tram al Parco Museo Ferroviario della stazione Porta San Paolo e in giornate particolari per strada, dove sfilano rievocando i vecchi tempi. Per i nostalgici c’è il sito www.tramroma.com, ricco di storia, suggestive foto in bianco e nero e testimonianze. C’è chi, per esempio, ricorda «il capolinea di via Eurialo dove mi capitava di prendere il tram con mia nonna quando ci si recava dalle parti della stazione Termini o in via Nazionale», o il «cartello bianco appeso a un tirante della linea aerea con la scritta in lettere azzurre stefer capolinea ultima partenza ore 22.05». I ricordi dei convogli della linea Termini-Cinecittà, «più brutti di quelli a cui ero stato abituato negli anni precedenti, anche se con il passare del tempo cominciai ad affezionarmi al tranvetto, come lo chiamava mio padre», e del capolinea di piazza Ragusa, «che mi piaceva perché i binari giravano in mezzo al giardino». Su facebook c’è persino il gruppo «Tram e tranvieri di Roma di una volta».

E poi ci sono alcuni capolavori del cinema a rendere indimenticabili questi mezzi, come «I soliti ignoti», in cui Marcello Mastroianni aspetta il tram in via Britannia, e «Totò e Marcellino», in cui l’attore napoletano si ritrova sull’imperiale, la mitica motrice a due piani dei Castelli.

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