Il romanzo Sventura di Chuck Palahniuk - che parla di una ragazzina uccisa, Madison Spencer, condannata all’inferno e alla ricerca di risposte su domande esiziali - si conclude con una metafora dell’espiazione: la salvezza umana che passa per un’isola di plastica. Quella del libro è una satira sull'essere e sull'apparire, ma tuttavia le isole di plastica rappresentano una realtà con cui fare i conti dal punto di vista ambientale: l’inquinamento prodotto da questo materiale, la plastica, soprattutto monouso, fa sì che si cerchi sempre più di ridurne l’utilizzo, mentre appunto si pensa a progettare la bonifica, duratura o definitiva, di queste zone marine. Una bonifica lenta, dispendiosa e forse impossibile da completare. Ma in cosa consiste il fenomeno?
Cosa sono le isole di plastica
In inglese vengono chiamate Plastic Vortex: in pratica, in corrispondenza di alcune zone di convergenza delle correnti oceaniche, si formano degli agglomerati di rifiuti galleggianti, in particolare rifiuti composti da plastiche e microplastiche. Come spiega l'Ocean Voyages Institute, le dimensioni e la forma dei Plastic Vortex cambiano nel corso dell’anno, tanto che a volte vengono avvistate e segnalate “isole” più piccole, soprattutto notate da pescatori.
Le isole di plastica sono dannose alla fauna e alla flora marina, i loro rifiuti possono entrare nella catena alimentare umana (soprattutto attraverso la contaminazione da microplastiche), e in generale sono pericolose per la vita sul pianeta Terra. Il 60% dei rifiuti che forma le isole di plastica proviene dall’inquinamento continentale: è solo una stima e anzi si teme che la percentuale possa essere superiore.
Ripulire gli oceani dalle isole di plastica è un’impresa impossibile, perché la plastica si spezzetta e richiederebbe un dispendio di energie ed economie non indifferente. Per cui ci si sta orientando sulla prevenzione, con la riduzione progressiva dell’utilizzo di plastica usa e getta nella vita quotidiana e nella produzione industriale.
Le isole di plastica più grandi del mondo
Sono 6 le isole di plastica più grandi al mondo, sebbene la loro superficie possa essere meramente indicativa:
- la Great Pacific Garbage Patch;
- la South Pacific Garbage Patch;
- la North Atlantic Garbage Patch;
- la South Atlantic Garbage Patch;
- la Indian Ocean Garbage Patch;
- la Artic Garbage Patch.
La densità delle isole di plastica varia, anche in base alla loro composizione. Ci sono infatti Plastic Vortex che sono effettivamente e prevalentemente composti da plastica, ma altri che presentano rifiuti organici in via di decomposizione o metalli il cui peso specifico permetta loro di galleggiare e non opporsi alla resistenza alla penetrazione del reticolo idrico.
Il National Geographic descrive la prima di queste isole di plastica e quello che spiega è esemplificativo del fenomeno: “La quantità di detriti nel Great Pacific Garbage Patch si accumula perché gran parte di essi non è biodegradabile. Molte materie plastiche, ad esempio, non si consumano; si rompono semplicemente in pezzi sempre più piccoli. […] Anche il fondale sotto il Great Pacific Garbage Patch potrebbe essere un cumulo di immondizia sottomarino. Oceanografi ed ecologi hanno recentemente scoperto che circa il 70% dei detriti marini affonda effettivamente sul fondo dell’oceano. […] Nessuno sa quanti detriti compongono il Great Pacific Garbage Patch.
Il vortice subtropicale del Pacifico settentrionale è troppo grande per essere esplorato dagli scienziati. Inoltre non tutta la spazzatura galleggia in superficie. I detriti più densi possono affondare centimetri o anche diversi metri sotto la superficie, rendendo quasi impossibile misurare l'area del vortice”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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