S'incendia la scena italiana, attizzata dal caso Ruby, e subito accorrono le pompiere. Si chiamano Ambra,Catherine e Isabella: per la verità di mestiere farebbero le attrici, ma un tempo furono ninfe. Anzi, ninfette, termine inventato dal grande scrittore Vladimir Nabokov, che con "Lolita" passò molti guai, appena apparso il suo libro esemplare, inviso ai bigotti. Nei tardi Cinquanta, del resto, destava scandalo che signori attempati restassero ammaliati dalle ragazzine, la cui "propria, vera natura, non è umana, ma di ninfa (cioè demoniaca); e intendo designare queste elette creature con il nome di "ninfette" " (così Nabokov in "Lolita"). E adesso che Ambra Angiolini, Isabella Ferrari e Catherine Spaak, donne mature, mogli e madri (la Spaak è nonna, di mariti ne ha avuti tre), spendono il proprio nome per mettere fine al mercimonio della donna, firmando appelli per dire basta al governo Berlusconi in nome d'una dignità femminile offesa dalla satiriasi dilagante, emerge la memoria di certe loro ammiccanti presenze.
Era il 1984 quando, su "La Repubblica", si poteva leggere che "Non è la Rai" era "una trasmissione per pedofili". In epoca non troppo remota, Curzio Maltese, firma del quotidiano romano, s'indignava perché Gianni Boncompagni, ideatore del programma televisivo a base di ragazzine disinibite, aveva "i lettoni a casa". E chi era la Musa adolescente di Boncompagni, quella che, in gonnellino scozzese veramente corto (stile Minetti) faceva su e giù, col gioco dello zainetto, non ancora donna, non più bambina? Ambra Angiolini, poi icona gay che ora, due figli e un marito e lo splendore nell'erba che scolora e la Comencini e Ozpetek sdoganatori dal ghetto pop, s'indigna "perché le donne è come stessero su una bancarella". Non per inchiodare Ambra, come faceva Nabokov con le adorate farfalle, all'esordio della sua carriera, quando Boncompagni la guidava via auricolare e lei sembrava cinica, in video, però...
"Era una violenza: è drogata, è lolita, è la puttana bambina, è l'icona per i pedofili", racconta Ambra in un'intervista, riportando l'immagine che i media fornivano di lei, brava a far perdere la testa ai maschi coetanei, ma, ancor più, agli ultracinquantenni bavosi. "A un certo punto sono diventata culturalmente chic", ironizza l'attrice, insieme al Gotha femminile dei cinematografari,a ribadire che no, il corpo della donna non si tocca. Strano il corto circuito tra "Repubblica" - giornale sponsor della stolida protesta tardofemminista e accusatore, negli edonistici Ottanta, d'una certa dolce vita condita da Sesso&Potere - e le sue testimonial, accomunate da un uso del corpo erotizzante per contratto, cioè per soldi.
Zio Gianni è stato fidanzato
con Isabella Ferrari quando lui aveva 47 anni e lei 15 (correva il 1980 e la ragazzina Fogliazza, vero nome dell'attrice di "Caos calmo", aveva vinto il concorso "Miss Teenager": la relazione tra i due destò scandalo). Catherine Spaak, anche lei presa da altera indignazione, resta però il prototipo della "ninfetta". Chi ha visto "La voglia matta" (1962), con Catherine diciassette all'esordio, sa che in quel film (molti altri del genere, con lei protagonista, seguiranno) il "vecchiaccio" Tognazzi impazziva per Francesca e la sua frangia, il suo bikini,le sue mossette falsamente acerbe. Vietato ai minori di 14 anni, "The Crazy Urge" (così "La voglia matta" nei paesi anglofoni) è nel curriculum della signora Spaak, che ha conosciuto "I dolci inganni" da vicino. E adesso? Ambra, Catherine e Isabella, incendiarie da ragazze e pompiere da donne fatte,fanno le signore: recitano a teatro (la Angiolini al top, con "I pugni in tasca" di Bellocchio:il massimo dello Spirito Rivoluzionario) e manifestano contro il tiranno. Le attrici,del resto, soprattutto quelle indignate, hanno talento per la maschera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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