Ammonito per simulazione. Ma il calciatore era morto

In Croazia, nel campionato di calcio dilettanti, l’attaccante Goran Tunjic era soprannominato l’«Inzaghi di Mladost». E questo non tanto perché Goran era un goleador come Pippo (Goran era solo una pippa), ma per le sue doti di raffinato simulatore. Il fromboliere del Mladost F.C. - società sportiva orgoglio della cittadina di Lucan - quando entrava in area avversaria era solito infatti sgambettarsi alla ricerca del rigore.
Gli arbitri però si erano rapidamente passati la voce: «Occhio a Tunji, è un manfrinaro...». Ragion per cui, quando Goran cercava di fare il furbo, oltre a non concedergli il penalty, gli sventolavano sotto il naso anche il cartellino giallo per la simulazione.
Goran, capita l’antifona, si era ripromesso di comportarsi onestamente e da un bel po’ aveva smesso di fare il cascatore. Ma nei fischietti il sospetto era sempre vivo, per loro Tunjic rimaneva sempre il giocatore che voleva farli fessi.
Vittima del pregiudizio, evidentemente, era pure la giacchetta nera chiamata a dirigere la gara-clou di campionato, Mladost Fc-Hratski Sokola: un derby che sta alla Croazia come Potenza-Matera sta alla Basilicata. Lo stadio del Mladost - forte della sua capienza di 650 persone - è gremito in ogni ordine di posto. L’arbitro fischia l’inizio e gli ultrà del Mladost si esibiscono subito in una gigantesca ola che si esaurisce nel giro di due secondi.
La squadra di casa, spinta da tanto calore, si lancia in attacco guidata da quella vecchia volpe di Tunjic. Ecco Goran esibirsi nella sua specialità: dribbla uno, due, tre avversari e si lancia verso la porta del Hratski Sokola. Non lo prendono più. Ormai è solo davanti all’estremo difensore. Ma che fa? Crolla a terra all’altezza del dischetto, senza che nessuno l’abbia toccato.
L’arbitro ha visto tutto e dentro di sé ride di soddisfazione: «Non mi freghi, caro Tunjic... Col cavolo che ti do il rigore... Anzi, una bella ammonizione per simulazione non te la toglie neppure Moggi...».
Detto, fatto. Il fischietto si avvicina al corpo steso tra l’erba di Goran: «Si alzi, per piacere. Buttarsi così... Ma non si vergogna?». Tunjic resta immobile.

L’arbitro, già col cartellino giallo nella mano destra, insiste: «Ho detto di alzarsi... E alla prossima la sbatto fuori!». Un compagno si avvicina e lo scuote: «Dai Goran, alzati. Ti è andata male...». Sì, a Tunjic è andata proprio male: morto, stroncato da un infarto.

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