Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha chiamato i cittadini milanesi a raccolta il 26 marzo prossimo per una manifestazione per la sicurezza. Lo ha fatto dopo che, per lungo tempo, inutilmente, ha chiesto al governo di inviare a Milano più forze di polizia che tutelino i cittadini, soprattutto in periferia. La sinistra milanese, e non solo, è insorta. Qualcuno le ha dato anche della populista. Copione scontato.
Quello che è meno scontato è che di questo, sabato, da Gerusalemme, si sia occupato nientepopodimeno che il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano. Il presule ha sostenuto che non si combattono questi problemi «alimentando la paura» e che il vero problema di Milano è «la solitudine».
Tutti sanno che uno dei problemi della nostra società, e quindi anche di Milano, è la solitudine. Ma ci chiediamo: l’insicurezza di un anziano, di una mamma con un bambino, di una persona qualsiasi, in una periferia di Milano, non è una forma terribile di solitudine? E siamo proprio sicuri che tutto questo, come autorevolmente dice il cardinale, si combatta col dialogo e col confronto? Non serve, viceversa, una vera e propria azione di bonifica di questi territori da parte delle forze dell’ordine? E non è questa una precondizione irrinunciabile per occuparsi anche di tutti gli altri tipi di solitudine: sociale, economica, culturale?
Vedete, non è un caso che in una delle Costituzioni più antiche, quella americana, compaia tra le quattro libertà fondamentali, accanto a quella di parola, di religione, dal bisogno, la libertà dalla paura, freedom from fear? E non è un caso che in un momento complesso della storia americana, nel 1941, il presidente Roosevelt, nel «discorso delle quattro libertà», insistette molto nel sottolineare l’importanza della libertà dalla paura.
Il nostro è un Paese strano dove in molti sono sempre pronti ad occuparsi di spiegare (a volte giustificare), con sociologie d’accatto, le ragioni di chi commette i reati. In pochi si occupano delle vittime. E soprattutto in pochissimi si occupano di mettere in piedi politiche della sicurezza che evitino ai cittadini di divenire vittime del crimine, micro o macro che sia.
Vorremmo sottolineare, a scanso di equivoci, che occuparsi dei cittadini preda della microcriminalità, è compito dai connotati altamente solidaristici. Credo lo sappiano bene anche dalle parti della curia milanese che in periferia non abitano i ricchi. Ci abitano persone che non navigano nell’oro e alle quali è data la possibilità di scegliere tra due strade: o starsene chiuse in casa, o uscire per strada, nei giardini, nelle piazze, assediati dalla paura.
Certamente i problemi che i cittadini di Milano vivono sulla loro pelle sono molti. Non sono solo problemi di sicurezza. Ci sono problemi di povertà e di emarginazione ma è sbagliato affermare che combattendo i problemi sociali e la povertà si risolvano i problemi della sicurezza. Non è così.
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