I diamanti più grandi e più belli mai ritrovati sono spesso stati al centro di controversie familiari e legali, di misteri storici dibattuti ancora oggi e di storie avventurose e più intricate della trama di un romanzo. È il caso del Koh-I-Noor, la gemma contesa tra Inghilterra e India, o del diamante Hope, da molti considerato maledetto. L’ultimo prezioso, in ordine di tempo, a far esplodere un vero e proprio caso internazionale è l’Idol’s Eye, del valore di 21 milioni di sterline. Una pietra meravigliosa che ha messo uno contro l’altro diversi membri della famiglia reale del Qatar. La vicenda, enigmatica e intricata, è arrivata fino all’Alta Corte di Londra e si preannuncia una battaglia senza esclusione di colpi.
Dall’India dei Moghul a New York
Il diamante Idol’s Eye da 70.21 carati sarebbe stato rinvenuto nel Seicento nella miniera Kollum di Golconda (stessa origine dei diamanti Hope e Koh-I-Noor), nell’India all’epoca governata dai sultani Moghul. Nessuno conosce con esattezza le circostanze del ritrovamento. Anche la sua storia è avvolta perlopiù nel mistero. Le date e i fatti verificati sono davvero pochi: secondo le leggende, dato il suo nome, in origine avrebbe impreziosito lo sguardo di qualche divinità indiana.
Un’altra versione racconta di una principessa di nome Rasheetah che sarebbe stata rapita da un sultano turco. Per pagare il riscatto lo sceicco del Kashmir avrebbe usato proprio il diamante. La storia non è mai stata provata e a ben guardare sembra più che altro una leggenda, visto che mancano date e riferimenti precisi (per esempio non è chiaro quali siano i regnanti menzionati e se lo sceicco del Kashmir fosse il padre o il marito della ragazza).
Uno dei primi possessori del diamante sarebbe stato un principe persiano di nome Rahab, che lo avrebbe rivenduto per saldare dei debiti con l’India East Company, come riportato dal sito Antique Jewelry University. Poi dell’Idol’s Eye non si seppe più nulla fino al 14 luglio 1865 quando, ha spiegato Jeweller Magazine, ricomparve nella casa d’aste Christie’s. A comprarlo sarebbe stato il sultano ottomano Abdul Hamid II (1842-1918).
Il sovrano, dopo la rivolta dei Giovani Turchi e l’esilio nel 1909, avrebbe affidato molti dei suoi preziosi (tra cui il diamante) a un servitore che lo avrebbe tradito, rivendendoli all’asta a Parigi il 24 giugno 1909. L’Idol’s Eye sarebbe stato acquistato da un aristocratico spagnolo e tenuto per molti anni nella cassaforte di una banca. Dopo la Seconda Guerra Mondiale sarebbe appartenuto al gioielliere Harry Winston. All’epoca il diamante era già stato incastonato in una collana composta da 41 piccoli diamanti rotondi da 22,50 carati e 45 diamanti taglio baguette da circa 12 carati.
Nel 1945 fu l’ereditiera e filantropa americana May Bonfils Stanton (figlia di Frederick G. Bonfils, fondatore del Denver Post) a comprare il gioiello. Stando ai pettegolezzi amava indossarlo ogni mattina per fare colazione. Dopo la morte della Stanton il diamante venne venduto a New York e finì nelle mani del gioielliere di Chicago Harry Levinson, che lo prestò al celebre marchio De Beers per esporlo al Diamond Pavilion di Johannesburg nel 1967.
Nel 1979, prima di finire nei forzieri della famiglia al-Thani del Qatar, la gemma venne acquistata dal gioielliere britannico Laurence Graff ed esposta al Metropolitan Museum of Art di New York. Le lacune di questa ricostruzione sono evidenti: non è chiaro come l’Idol’s Eye sarebbe arrivato dall’India alla Persia e poi tornato nel luogo d’origine attraverso la East India Company.
C’è anche chi sostiene che la pietra fosse stata incastonata in una statua di qualche antica divinità in un tempio a Bengasi, ma l’ipotesi non è molto attendibile, visto che all’epoca del ritrovamento del diamante il territorio dell’attuale Libia era ormai musulmano da secoli. Senza contare che, anche in questo caso, è impossibile determinare quando e in che modo sarebbe arrivata dall’India al Nord Africa. Ancor più oscuri sono gli oltre due secoli durante i quali il diamante sembrava scomparso. Era in qualche collezione privata? Venne rubato? la East India Company lo rivendette? Domande che, forse, rimarranno per sempre senza risposta.
Nella casa dello sceicco
Il diamante “Idol’s Eye” venne ritrovato nella casa di Londra dello sceicco del Qatar Saud bin Muhammad al-Thani dopo la sua morte, avvenuta il 9 novembre 2014. L’uomo lo avrebbe acquistato per 7 milioni di sterline nel 2004 e ne avrebbe assegnato la proprietà alla fondazione “Elanus”, di cui sono beneficiari sua moglie e i suoi figli. “Lo ha custodito nella sua cassaforte personale”, ha dichiarato il legale della società, Sa’ad Hossein. “Era uno dei pezzi più importanti della sua collezione e uno di quelli di cui andava più fiero. Ha anche una particolare e personale importanza per sua moglie, Amna”.
Un cugino dello sceicco, Hamad bin Abdullah al-Thani, sostiene, però, di poter vantare delle prerogative sul diamante. Hamad è un ricchissimo collezionista d’arte molto vicino ai Windsor, al punto da aver avuto ospiti nella sua splendida casa di Mayfair (secondo quanto riporta il Daily Mail la più costosa residenza privata di Gran Bretagna, con un valore di 317 milioni di sterline) addirittura la regina Elisabetta e Carlo III.
L’uomo ha assicurato di avere il diritto di acquistare l’Idol’s Eye attraverso la sua società d’investimento, la "Qipco", per 10 milioni di dollari, perché la famiglia del defunto Saud bin Muhammad lo avrebbe messo in vendita nel 2020. Solo che la “Elanus” e il ramo della famiglia al-Thani del Qatar ora in possesso della gemma hanno smentito questa ricostruzione, spiegando che la presunta volontà di vendita sarebbe stata un “errore”.
A quanto pare l’unico figlio maschio del defunto sceicco Saud, ovvero Hamad bin Saud al-Thani, avrebbe presentato la possibilità di mettere sul mercato il diamante per finanziare delle operazioni immobiliari, ma senza consultare né la madre, né le sorelle. La gemma, dunque, non sarebbe mai stata in vendita, né sarebbe mai stato concluso alcun accordo in merito e comunque, hanno ribadito i familiari di Saud, il valore dell’Idol’s Eye è 21 milioni di sterline, cifra lontana dai 10 milioni di dollari offerti da Hamad bin Abdullah.
Una vicenda intricata
Secondo la ricostruzione del Daily Mail il diamante sarebbe stato intestato alla “Elanus” per ragioni patrimoniali, riguardanti l’eredità spettante alla vedova e ai figli dello sceicco. Nel 2014 sarebbe stato soltanto prestato alla “Qipco” per delle mostre sull’arte e i gioielli di epoca Moghul. Nel contratto stipulato al momento del prestito sarebbe stata inclusa una clausola secondo cui Hamad bin Abdullah del Qatar avrebbe potuto acquistare la gemma attraverso la sua società esclusivamente qualora vi fosse stata una chiara “volontà” di venderla. Il prezzo, invece, doveva essere stabilito attraverso valutazioni indipendenti fatte da entrambe le parti.
I legali di “Qipco”, però, hanno dichiarato che le procedure per l’acquisto sarebbero iniziate esattamente nel febbraio 2020, quando la società avrebbe ricevuto una lettera in cui il notaio svizzero della “Elanus” avrebbe scritto: “Ho appreso dallo sceicco Hamad, figlio del defunto sceicco Saud al-Thani, che la famiglia vorrebbe vendere l’Idol’s Eye”. In una fase successiva gli eredi di Saud avrebbero ritirato l’offerta, eventualità non contemplata nel contratto di prestito.
Gli avvocati della “Elanus”, invece, hanno definito la lettera “un errore”, specificando che, in ogni caso, non potrebbe essere usata come prova della presunta volontà di vendita: “Sebbene la missiva del 6 febbraio dicesse che la famiglia aveva intenzione di vendere l’Idol’s Eye, ciò non è stato fatto”, hanno evidenziato i legali. “Per la verità [gli al-Thani] non ne hanno nemmeno discusso, né preso in considerazione l’idea”. Lo sceicco Hamad bin Saud avrebbe semplicemente “tentato di esplorare la possibilità di una vendita al giusto prezzo…”.
Visto che la famiglia non sarebbe stata consultata sull’opportunità di una vendita, la lettera sarebbe “fondamentalmente non corretta”. Inoltre il diamante non apparterrebbe alla vedova e ai figli dello sceicco Saud del Qatar, ma alla “Elanus”. Nella lettera, invece, viene menzionata la presunta intenzione della famiglia e per questo non potrebbe essere considerata come un’espressione dei piani della società. Gli avvocati della Qipco, naturalmente, hanno fatto notare che la “Elanus” non sarebbe un’unità distinta dagli eredi di Saud, dal momento che questi ultimi ne sono gli unici beneficiari. Al contrario “la lettera era formulata come una comunicazione della loro volontà a nome della Elanus”.
La questione è arrivata fino all’Alta Corte di Londra, che dovrà venire a capo di una vicenda complessa che ha letteralmente spaccato in due la famiglia al-Thani del Qatar. Il nucleo di tutta la questione è il concetto di “volontà” di vendita.
I giudici dovranno dissipare i dubbi in merito a cosa dovremmo intendere con una chiara “intenzione” di mettere sul mercato il diamante. In tal senso il contratto di prestito stipulato tra i due rami del casato potrebbe essere d’aiuto. Intanto l’Idol’s Eye rimane al sicuro in una cassaforte, in attesa di tornare a splendere agli occhi del mondo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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